Vi narrerò di alchimie di ferragosto, di peyote-rock© e di altre allucinazioni ancora, fino a che direte basta.
Mi stupirono con il loro esordio discografico "Embrace", mi entusiasmarono in sede live, ora mi hanno letteralmente conquistato.
Sono sei anime giovani, dal vivo suonano quasi in cerchio, vicini, come raccolti attorno ad un'unica idea musicale: psichedelia anno 1969.
Rappresentanti della corrente NWOPR, (New Wave Of Psichedelic Rock) affini ai Black Mountain dell'esordio, a Tame Impala, Band Of Horses, Pontiak, Black Angels.... Debitori di Jefferson Airplane, Neil Young, i QuicksilverMS di "Happy Trails", e della corrente acida della west coast californiana.
Giugno 2010 pubblicano il secondo lavoro "Fever". Luglio 2010 me lo ritrovo per le mani.
Il terzetto d'apertura: "Marina" (splendido affresco neo-psych con tribalismi finali), "Rigamaroo" (duetto di voci folk da estate dell'amore), "Wild Machines" (ricordate le sfuriate distorte di Neil Young alla sei corde?) da solo racchiude tutto il microcosmo Sleepy fatto di dolci ricami folk, rock lisergico e psichedelica pop elettrica che brucia lenta e fumosa come la plastica. Si discosta dal disco d'esordio "Embrace" (esordio da 4 nespole) in quanto meno oscuro ed enigmatico ma ne ripercorre il medesimo sentiero interrotto solo per pochi mesi di tour in giro per Vecchio e Nuovo Continente.
I sei ci accompagnano in un cammino che parte dall'entroterra californiano, alle spalle di Santa Cruz percorre parte della costa ovest riannodando ciò che resta delle trame musicali dei grandi raduni del passato con quelle biodegradabili del decennio zerodieci. La psichedelia della costa occidentale che sposa il lato alternativo dell'indie rock. Undici tracce, equilibrate tra acustiche ed elettriche, datate e contemporanee allo stesso tempo, sleazy ed accomodanti prima di svegliarvi con scariche di elettricità improvvise. Le due voci, di Rachel Williams e Brett Costantino, a turno uno contraltare dell'altra, è il vero marchio di fabbrica degli Sleepy Sun. Miele sul palato e acqua salmastra sulle ferite.
Attraversare di corsa le boscaglie alle spalle di Santa Cruz sostenuti dai continui break ritmici che si susseguono senza sosta, fermarsi a cogliere i frutti selvatici (e anche un po' acidi) durante le fasi più pacate ("Ooh Boy"), nutrirsi della loro polpa con i riverberi di sottofondo e l'armonica a bocca nelle orecchie ("Desert God"), prima dell'esplosione elettrica del duo di chitarre M.Holliman/ E.Reiss. Frutti che paiono più maturi dei precedenti su Embrace (2008). More, lamponi frutti del sottobosco dalle tinte pastello come quelle della splendida copertina di questo "Fever".
Singolo scelto "Open Eyes" forse la più ortodossa del lotto come da logica. Pentatoniche blues fradice di acqua piovana, strizzate ed essicate al sole.
Personalmente adoro questo nuovo suono della California e queste chitarre spalmate l'una sull'altra cariche di fuzz.
Prendete i dieci minuti della conclusiva "Sandstorm Woman". L'evoluzione che prendono delle normali note folk a cui viene accesa la miccia, per un risultato finale inaspettato e trascinante. E' il deserto della California, l'effetto ottico del sole su chitarre modulate da basi wah wah, armonica e cori soffusi.
In definitiva, la psichedelia degli SS più che il "viaggio" in se stesso va alla ricerca di quelle sonorità che hanno fatto storia da quelle parti, suoni mai scalfiti dal tempo che fecero muovere le masse con la sola forza delle idee. Altri tempi, converrete con me.
Aggiungo che se poi anche gran parte della critica è entusiasta di questo album, allora i casi sono due: 1) penso di capirne abbastanza anch'io. Oppure 2) che siamo entrambi una manica di freakkettoni hippies nostalgici.
Tant'è, giunto ormai a casa su una scogliera rocciosa, con gli schiaffi di vento sulla faccia a 70 piedi sulla baia di S.Francisco, la visione del Golden Gate da un lato e l'isola di Alcatraz come monito dall'altra.....
Come dite? Ok, non proprio, ma con le dita e gli angoli della bocca macchiati indelebilmente di rosso e di viola e la polpa succosa e acida di quei frutti lungo lo stomaco. Dopo l'asiatica e l'australiana è in arrivo un'altra ondata di influenza ben più piacevole, la "californiana".
Mi sistemo la piuma cherokee al lato dell'orecchio sapendo che i sintomi ci sono tutti: occhi arrossati, pupille dilatate e secchezza delle fauci. L'ho presa. Mi curerò. "Fever".
Il parere del commendatore Bossolazzi:
Non solo per chi rimpiange la scena della Bay Area, il futuro passa anche qui. Da avere.
E poi è un disco consigliato dal commendatore. Che non guasta. 4 nespole mature!
Carico i commenti... con calma