Ogni volta che esce un album degli Slipknot (diciamo dal 2004 in poi con “Vol.3: The Subliminal Verses”) partono delle discussioni (o supercazzole) infinite.
Da una parte i metallari incorruttibili che legati ai fasti del self titled o "Iowa" poco apprezzano (eufemismo) le deviazioni melodiche del combo di Des Moines e dall'altra chi esalta la loro volontà di rinnovarsi e di proporre qualcosa di diverso dal nu metal classico fine anni 90.
Detto ciò (ascoltandoli da 20 anni e senza essere un amante del metallo nudo e crudo che non ama le contaminazioni, anzi...) non entro nelle suddette discussioni filosofico / musicali ma preferisco scrivere del disco e delle 12 canzoni che lo compongono.
I 2 bei singoli usciti con largo anticipo probabilmente soddisfano la fan base ("The Chapeltown Rag" e "The Dying Song") con sonorità dure e feroci, asperità trash e death e con un Sid Wilson (in gran forma) che scratcha tagliente.
In "Yen", il terzo singolo, Corey Taylor comincia con il cantato degno di una canzone d'amore per poi alternarlo ad urla aggressive, in un mix riuscitissimo.
Le piacevoli scorribande di "Hive Mind" e "Warranty" portano ai pezzi per i miei gusti migliori del disco ovvero "Medicine For The Dead" dove growl, chitarre, batteria e percussioni si rincorrono frenetiche e "H377" selvaggio crossover.
Entrambi i pezzi sono molto ma molto curioso di ascoltarli dal vivo.
Esiste poi l'altra faccia della medaglia con con 5 canzoni più “pulite”diametralmente diverse dai loro pezzi storici.
Sono convinto che dopo 23 anni di successi mondiali questo ulteriore cambio di rotta non sia finalizzato ad addescare qualche fan dell’utlima ora che i primi anni non li ha vissuti, ma sia semplicemente dettatto dalla voglia (direi meritata) di suonare in modo più variegato e cantare magari con toni più melodici (e che risaltano notevoli sfumature della voce di Corey T.)
Di questi brani mi piacciono la suadente e prog opening track e soprattutto "Finale" che trovo perfetta con quel tocco sinfonico gotico e un po' medioevale per chiudere un‘era e, si spera, aprirne un’altra.
Quindi in conclusione "The End, So Far" è un disco bello, variegato, ben prodotto in cui emerge la voglia di sperimentare degli Slipknot che, fra cambi di formazione e morti (ainoi) troppo precoci, continuano a sfornare dischi diversi fra loro ma di qualità.
Voto 8 (che converto in 5 stelline nel Debaser rating).
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