Aspettarsi che una band tenuta insieme con lo sputo e a solo scopo di lucro, possa confezionare ancora prodottini interessanti, è quantomeno ottimista. Non è un mistero: il carrozzone Slipknot fa acqua da tutte le parti da una decade abbondante. Il calderone metallico cui fanno capo, è lettera morta da quasi il doppio. Quale migliore occasione per ribadirlo allora, se non impacchettare un po’ di riff da terza media, scanditi dalla cara, vecchia doppia cassa e sovrastati da un urlo gutturale senza fine? Poi va beh, per non alienarsi le simpatie delle tredicenni, ci vuole anche un buon campionario di melodie straccia mutande: le stesse dal 2002 ma tant’è.
Era lecito prefigurarsi altro dall’oltranzista riproposizione dello schema poc’anzi riassunto, perfettamente incarnato nei singoli “Unsainted” e “Solway Firth” ? Probabilmente no, ma nemmeno un rimaneggiamento palese del proprio repertorio come “Birth of the Cruel” (il pezzo riciclato per chi se lo chiedesse è “Gently”). Il ritornello di “Nero Forte” ricorda addirittura la sigla di una delle serie di Sailor Moon. Non sto scherzando : https://www.youtube.com/watch?v=OJwG4Pgs9Bo , confrontare per credere.
A onor del vero i nove energumeni in costume a fare qualcosa di nuovo (per loro) ci provano. “Spiders” abbraccia soluzioni familiari agli estimatori del sound di Bristol, ma è solo uno scampolo d’intuizione in una pletora di scelte programmatiche. “My Pain” tenta la strada dello strumentale atmosferico ma paga una durata eccessiva e una scelta infelice circa il suo inserimento in scaletta. L’alternanza calma-furia di “Not Long For This World”, per quanto ben congegnata giunge fuori tempo massimo per affrancare il disco dall’etichetta di “immane ciofeca”.
Con “We Are Not Your Kind”, il gruppo perde l’ennesima buona occasione per riporre le maschere in solaio e optare per scelte meno imbarazzanti data l’età. C’è a chi piace ancora così ma guarda un po’? A me no.
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