Lungo questi sei mesi di iscrizione ho avuto il piacere di mettere in campo le mie non eccelse conoscenze musicali. Tutte le mie recensioni sono state frutto di letture, esperienze e ragionamenti. I giudizi sono stati sì positivi, ma un pò più negativi, visto che il 60% della musica che ho recensito è da pop leggero o adolescenziale.

Questa volta sarò un pò più limitato del solito, perché il disco che recensisco ha visto un giudizio impeccabile e una recensione da 5 da parte di Ringostarfish. Gli Small Faces arrivano a "Ogdens'" con tre anni di carriera e un buon numero di singoli di successo dove spiccano a parer mio "All Or Nothing", Itchycoo Park" (canzone dedicata a un parco londinese con velati riferimenti alla droga) e "Tin Soldier".

Quando Steve Marriott (chitarra e voce), Ronnie Lane (basso e voce), Ian MacLagan (preceduto da Jimmy Winston) (piano) e Kenney Jones (batteria) si trovano a produrre il capolavoro con cui chiuderanno la carriera, sono tornati a casa dopo un disastroso tour in Australia e in Nuova Zelanda con gli Who e con sole musiche e varie idee per il nuovo album.

Ma nessuna idea ancora per le liriche. Il loro manager Andrew Loog Oldham propone di passare una settimana sul Tamigi affittando una barca. L'idea è assurda (nessuno di loro sa remare) ma funziona. Quando una delle notti passate in luoghi adatti per "cucinare il loro cibo, fare casino e suonare le loro chitarre" uno dei quattro vede stordito la mezza luna chiedendosi dove sia l'altro mezzo, parte l'idea che darà origine e forma al lato b del disco. Il personaggio Happiness Stan è un ragazzo che quasi innamoratosi della luna quando la vede mangiata dal tempo diventa depresso, finché la luna non ritorna a tutta la sua pienezza e al suo splendore, e Stan non riacquista quindi la felicità.

Stupendo album che parte con una title-track strumentale e ci consegna non solo un capolavoro, ma la canzone storica del gruppo: "Lazy Sunday", scritta da Steve Marriott sulle liti che aveva con i suoi vicini. Grande video (magnifica Youtube) e un'esibizione dal vivo con effetto comparsa e scomparsa del gruppo e un grande orologio sullo sfondo. Di "Song Of A Baker" ho letto una particolarità: contrappone la religione sufi (una corrente mistica in seno alla religione islamica) ai sostenitori dell'heavy metal (negli anni '60 i musicisti ne avevano di idee!).

Ho scoperto chi è Stanley Unwin, la voce narrante che intervalla tra un brano e l'altro: un comico inglese degli anni '60 che storpiando l'inglese ha creato un suo linguaggio chiamato "Unwinese".

L'anno scorso ho scoperto gli Small Faces grazie sempre a Youtube e "Lazy Sunday" è stata la prima canzone che ho ascoltato (poi mi sono beccato i rumori e le urla di "Wha'cha gonna do about it" e Sha la-la-la lee" a "Beat! Beat! Beat!" in Germania dell'esibizione live del '66 e la bellezza delle canzoni citate all'inizio, sempre su Youtube).

Ho ricordato anche i quarant'anni di "Ogdens' " comprandolo a Londra e recensendolo in questo mese, nell'anno dove cadono i quarant'anni di scioglimento del gruppo (il ritorno di Steve Marriott negli anni '70 con solo McLagan e Jones non ha avuto successo).

La morte di Marriott nel '91 per l'incendio della sua casa nell'Essex e di Lane nel '97 per una polmonite (negli anni '70 era stato colpito da una sclerosi multipla) sono le note dolenti della storia degli Small Faces.

Ma io me li godo lo stesso, rinnovando i miei complimenti a Ringostarfish e invintandovi a leggere la sua recensione.

                                                                                                                                                                           Boop7

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