Sarà che io ho sempre adorato la malinconia, intesa come stato esaltato dell'anima, e ho sempre adorato i ricordi, siano essi tristi o felici che non importa dacché i ricordi sia che riscaldino il cuore sia che lo torturino ad ogni modo lo tengono vivo.
Sarà che se mi volto indietro scorgo – ancora possente – l'ingombrante passato, e se giro su me stesso e guardo la strada che percorro dinnanzi, nulla cambia: il passato è un paesaggio che agli occhi non darà mai pace.
Sarà che adoro Nick Drake, che adoro quella parte di me – che si dibatte tra tante altre meno romantiche – che mi procura quella cieca disperazione della ricerca dei giorni migliori, perché i giorni che se sono andati saranno sempre migliori e non importa se poi è vero, perché – in fondo – a noi questo non aiuta ad andare avanti.
Sarà che io adoro la poesia, e mi piace, dopo una giornata che di poesia non ha niente (e cosa potrebbe mai avere di poetico una banca?) sentirmi per un secondo anch'io poeta, perché chi condivide poesia è egli stesso poeta.
Sarà per questo, e per molto altro ancora, che io amo questo disco, come amo Jason Molina, e come amo Bonny "prince" Billy o come diavolo vorrà farsi chiamare quell'uomo oggi, e come amo ogni altra pover'anima di tale risma, individui che si sbattono quotidianamente nel secco ambiente dell'underground, gente onesta, scrupolosa, brave persone insomma, che se ne sbatte del successo, tesa com'è a combattere i propri demoni interiori.
E poi la sincerità non fa rima con successo.
Beh, tutto questo per dire poche cose. Tutto questo per dire che Bill Callahan ha davvero del talento, ragazzi, e quanto mi renderebbe felice credere che questo già lo sapete. Ma volevo anche dire che "Supper" è un album delizioso, che non si discosta più di tanto da quanto già impresso in una buona manciata di lavori passati, forse giusto un po' più solare (attenti però, amici miei: anche in Antartide batte il sole).
E per dirvi, e poi vi lascio che la banca chiude e io sono stanco, che "Supper" ha almeno due canzoni meravigliose, una si chiama "Our Anniversary" e l'altra "Ambition", e sono l'una una sorta di danza di commiato per spiriti senza pace e l'altra un corposo (post?)rock nervoso e teso.
E ce ne sarebbe anche una terza, ma le mie limitate cognizioni non forgiano un termine adatto, che dia l'impressione di qualcosa di ancora più supremo. Quest'altra si chiama "Butterflies Drown In Wine", e forse sì, un termine ci sarebbe: poesia pura.
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