Ho ammirazione per le compilation ma immancabilmente, sembra che lo facciano apposta, manca sempre quel brano che ti aspettavi, manca quella ciliegina sulla torta. Qua invece ci fai indigestione con tutte le ciliegie (che belle ciliegie, oh! che belle ciliegie) che ti propina il serpentello Philip Charles al posto della mela. Uno dopo l'altro, non se ne sbaglia una, un assembramento perfetto i pezzi scelti.
L'agglomerato random qui tirato su dai suoi precedenti lavori per la Ralph Records è esaltante, spiazzante, caotico, criptico, confuso, struscia, millanta, ammicca, serve, meraviglia, stolza, stride, culla, e, ballabile a suo modo, invita a lasciar tutto divinizzando la realtà in modalità straccionesca.
La sorpresa sta nell'impersonalità della musica che invita ad un viaggio a ritroso su clangori ovattati di ricordi sparsi dalla nostra infanzia adolescenza gioventù, e pur rimanendo "freschi" i suoni sono pregni d'eternità e acquisiamo maturità millenaria all'ascolto di questa musica antica camuffata da patologiche intersezioni nei meandri degli eoni. Di un divertimento spietato, cinico, definitivo il lavoro, puro ludo, un piacere che si esclude al peccaminoso: impalpabilmente intonso.
Sir Lithman cesella una vita reale invisibile offrendo svogliatamente una libagione facile da bere all'apparenza, ma che scatena, senza avvertimento, una reazione a catena di deja vu psichici scintillanti che non potranno mai essere razionalizzati, invitando ad un'implosione interiorizzante che innesca gioia trascendentale traccheggiando su motivetti scherzosi, pantomimando smorfie, giocando a nascondino, mistificando un libero arbitrio che qui non si inquadra su progetti di acquisizioni carnali.
Si galleggia su questo tappeto volante che con l'affiorare di un blando mal di mare perpetua una compassione di ricominciare l'eterno ritorno del rimettere la puntina sul vinile, con il "buon senso" del veicolo biologico lasciato fuori dalla porta.
E le santissime Trinità di due miei maestri riaffiorano prepotenti nel burlesque estraniante del disco, quelle di Richard Benson (Andiamo avanti; E adesso ritorniamo a noi; Ma comunque...) e del Principe Bijan di Telemarket (toccage, palpage, accarezzage) dove un nonsense apparente ci sbarella in linde purificazioni sensoriali e non ci caccia dal Paradiso, anzi.
Lasciamoci interdetti come nella foto di Snakefinger sul retro copertina dell'ellepì e facciamoci "infilare" da tutto 'sto ben di Dio che tira fuori questa compilation ineguagliabile. Coccolone permettendo, rischiate l'ascolto, rischiate...
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