Questo è un album che, come si suol dire in termini tecnici, spacca letteralmente il culo.
E' il 1992 e, accantonate le tentazioni melodiche del comunque buono "Better Off Dead", Tom Angelripper e compagni tornano convinti e redenti a schiacciare la zampa sull'acceleratore, capendo che in fondo l'hard rock non è proprio cosa per loro (e soprattutto non è cosa per i loro fan!).
E così "Tapping the Vein", forte di una produzione potente ed al passo coi tempi (ma non perfetta: le chitarre suonano eccessivamente sfocate mentre la batteria, di contro, risulta troppo secca ed in evidenza), è senz'altro da annoverare fra i colpi più tremendi che la band tedesca abbia saputo assestare nel corso della sua lunga carriera.
Si apre così una nuova stagione per i Sodom: quella della reiterazione oltranzista.
Per quanto grezzi e privi di velleità, infatti, i Nostri fino a "Better Off Dead" sembravano averci creduto. Dall'incompetenza degli esordi, migliorando ed affinandosi di album in album, i Nostri finirono per forgiare un sound personale ed inconfondibile, rappresentato appieno da veri classici del thrash ottantiano come "Persecution Mania" ed "Agent Orange": non solo fucilate nei denti, bensì refrain azzeccati, groove a manetta, grezza ironia, perversione e gusto per l'eccesso. In altre parole: opere seminali destinate ad influenzare il corso evolutivo del metal estremo.
Giunti al loro apice, "Better Off Dead" rappresentò un coraggioso tentativo, seppur non del tutto convincente, di voler in qualche modo progredire ed emanciparsi dall'armatura del proprio corpus sonoro, oramai ampiamente collaudato.
Ma evidentemente la melodia non era la loro strada, e così, da "Tapping the Vein" in poi, i Sodom decideranno di fare marcia indietro e tornare sui loro passi, accontentandosi di essere semplicemente i Sodom (che, beninteso, non è poco!, e basti sentire l'ottimo "Code Red", probabilmente il miglior Sodom degli ultimi anni!), tutt'al più guardando al passato, ed in particolare al grezzume primordiale dei vari Motorhead e Venom, da sempre fonte di ispirazione per i Nostri (e la mia mente vola inevitabilmente verso il simpatico "Get What You Deserve", che seppur moscetto, gira piuttosto bene nello stereo!).
Abbandoneranno così ogni sorta di "velleità evolutiva", i Nostri, limitandosi a cavalcare il mito: beniamini dell'intransigenza sonora, della coerenza e dell'assoluta fedeltà al verbo del metallo, i Sodom diverranno così il tipico gruppo che, come spesso capita nel metal, verrà idolatrato non tanto per la musica quanto per l'attitudine, o per l'istinto conservatore, o più semplicemente per l'idiozia dei propri componenti.
A proposito di componenti, da segnalare un nuovo (l'ennesimo) cambio di line-up: esce Michael Hoffman, subentra Andy Brings, probabilmente il più inutile dei chitarristi che abbiano mai militato nelle fila dei Sodom. Povero Brings!, non che sia tecnicamente inferiore ai suoi predecessori e successori (e sarebbe grave!), solo che il suo riffeggiare ci appare alquanto anonimo e privo di mordente.
Ma gente, non stiamo a pontificare su futili dettagli: il gioco funziona, e dannatamente bene! Del resto, in un mondo in cui il thrash metal si è totalmente sputtanato, i Sodom hanno il merito di aver capito, più di altri, che per far del buon thrash metal non ci vuole il conservatorio: bastano due tempi. E basta alternarli appropriatamente! E a questo ci pensa il veterano Chris Witchhunter, saldo alla sua postazione dietro alle pelli, incisivo come sempre nei suoi secchi cambi di tempo, bestiale più del solito nell'inseguire andature davvero sostenute.
Quanto a Tom Angelripper, davvero poco da dire, se non che il suo "inglese" dai forti accenti tedeschi (o sarebbe meglio dire il suo tedesco dai forti accenti inglesi!) è sempre lì in bella mostra a rendere unico ed inimitabile il sound della sua creatura: anzi, il suo scatarrare sul microfono ci suona più grezzo e gutturale che mai, tanto che l'opener "Body Parts" ci prende a schiaffi con la violenza di una staffilata death metal!
Ed è certo che "Tapping the Vein", quanto a potenza e spregiudicatezza, non deluderà i fan della band, ed in particolare tutti coloro che storcono ancora la bocca al pensiero di "Better Off Dead": "Tapping the Vein" ci rovescia sul groppone undici brani undici che vanno che è un vero piacere, inarrestabili, frastornanti, rinneganti ogni possibile divagazione melodica. Forse un pò anonimi nel complesso, questi pezzi, che più che da apprezzare come singoli anthem, sono da subire nel loro furioso susseguirsi: un flusso di violenza, di ritmi martellanti e di riff al fulmicotone che farà la delizia di ogni headbanger che si rispetti.
Da segnalare, ad ogni modo, la presenza di almeno due pezzi fondamentali: "One Step Over the Line" è un granitico mid-tempo che ci dimostra quanto siano cazzuti i Nostri quando decidono di andare in culo al punk e ai tempi supersonici, mentre l'irresistibile "Wachturm", destinata a divenire un classico immortale della band, è un travolgente brano punk'n'roll cantato rigorosamente in lingua tedesca (con tanto di bip chiamati a censurare le indecenze vomitate da quel porco pervertito di Angelripper!).
Degne di menzione anche la poderosa title-track, con tanto di break atmosferico ed immancabile stacco ultra-mosh, e la conclusiva "Reincarnation" che dall'alto dei suoi quasi otto minuti costituisce senz'altro l'episodio più composito ed anomalo del lotto: si tratta infatti di un imponente e funereo brano che, fregiandosi di tastiere goticheggianti e di un bridge arpeggiato, spruzza finalmente di melodia un album che di melodia ne contiene davvero poca!
L'essenziale, a questo punto, mi pare sia stato detto: se vi piacciono i Sodom, questo album deve presenziare ad ogni costo nella vostra collezione; se non vi piacciono, sorvolate tranquillamente; se infine ne siete semplicemente incuriositi, passate prima dai classici degli anni ottanta e poi fatevi tutto il resto della discografia!
Komm Wir F....N a tutti!
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