Mi dispiace per i nostalgici ma in questa recensione non sentirete parlare di Tool o Opeth.
Ma come? Non stai recensendo un album dei Soen?
Esatto, e proprio di loro sentirete parlare qua sotto.

Il 2016 ci ha lasciato ben sperare per l'anno che doveva arrivare con "Sectarian", il primo singolo dell'album Lykaia. Segue "Lucidity", ballad della durata di circa 7 minuti con la quale forse volevano trarci in inganno con una particolare azione di marketing o più probabilmente, le canzoni che avessero davvero qualche emozione da dare erano poche altre.

Il chitarrista/produttore Jidell gioca sull'inserimento di assoli in controtendenza dal sapore blues, a volte contribuiscono perfettamente alla creazione di un ambiente, a volte stonano.
Joel, sempre solenne nel suo modo di cantare, come un profeta che sta annunciando la fine del mondo o come un guerriero che incita la sua truppa, adesso è privo di emozioni.
Il bassista Stenberg non si sbilancia ma è difficile parlarne dopo essersi innamorati delle linee di basso di Steve DiGiorgio in Cognitive.
Lopez abbandona quel sound che richiama il death metal per mettersi al servizio del gruppo e chissà che non sia proprio questo il motivo della mancanza di originalità.

Con Lykaia, i Soen hanno abbandonato quello che sapevano fare meglio: ritmiche potenti, cambi di tempo frequenti, improvvisi cali di dinamica per poi esplodere nuovamente in altri riff all'unisono, che riuscivano a caricare l'ascoltatore come poche altre band sanno fare.
Adesso si sono trasformati: la componente progressive si è ridotta e nel complesso risulta un metal ben costruito e sicuramente ben suonato ma che lascia spazio a poco altro, più piatto rispetto ai precedenti lavori.

"Stray" è la canzone più degna di nota ma bastano pochi minuti per rendersi conto che l'album è già finito e rimanere con l'amaro in bocca.
Cognitive, il primo album doveva essere un punto d'inizio, non un punto d'arrivo; la paura è che sia questo a sua volta un punto d'inizio.

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