Potrebbe sembrare la solita frase fatta: stile semplice ma di grande impatto, diretto come un pugno nello stomaco. "Cargo" (1999) è il secondo disco dei Sofa Surfers, il più duro di un progetto che agli esordi spingeva non poco.
Si perchè ad andare ad analizzare, dal punto di vista tecnico, questa release, non è che ci sia chissà quale varietà di suoni o idee, dettagli che si faranno più rilevanti sui dischi successivi, fino a diventare fondamentali sul recentissimo "Blindside". Tutte le tracce sembrano ruotare intorno a quei soliti due/tre elementi, tutte sembrano somigliarsi tra di loro, tutte o quasi sono rivestite dallo stesso banco suoni, come si trattasse di una suite infinita. Ma il bello risiede proprio in questo particolare, per un motivo semplicissimo: Ogni traccia spacca. -> Cargo spacca.
Due/tre elementi dicevano. Di cosa si tratta?
1 Frequenze basse a manetta con bassline a dir poco frenetiche e martellanti.
2 Beat robusti, e pure molto tecnici.
3 Dub. Dub. E ancora DUB!
Eccolo qua "Cargo", concept limitato ma sfruttato al 100 %. Atmosfere da guerriglia urbana, sound psichedelico, ansiogeno, nero come la pece. Non certo il neo-soul gentile e rassicurante sperimentato in seguito, qui si pesta. Qualche sporadico vocal ragga, qualche lick in levare da dubbone giamaicano, delay un po ovunque.. ma c'è un piccolo dettaglio: i Sofa operano in quel di Vienna, e non fanno proprio nulla per nasconderlo. Il suono è quello di fumose metropoli industriali, il "famigerato" suono nordeuropeo!
Suggestivo il package: un container, lamiere, impalcature, il "cargo" con su riportati i titoli dei brani.. poi lo metti su, non fai nemmeno in tempo a constatare quanto tutto ciò sia perfettamente in linea con il sound del disco, che questo parte subito a mille. Niente intro ambientali, elicotteri, skit e cazzi vari, subito potenza con "Container" (uno sfondo ricco di rumore) e "Beans and Rice" (allucinante): in un attimo breaks da paura, riff lerci e graffianti, claustrofobiasonora. "The Lower Rider" (cominciano ad apparire gli elementi soul), "I Asked for Water" (spettacolare giro di basso), "Latal In Tampere" (soffocante tassello dark) i momenti migliori: tempi lenti/tempi veloci, beat soffusi/beat spintissimi, silenzi/woofer che scoppiano si alternano maestosamente. E ancora raggacrobazie ("Sweat", "Long Bone" bellissimo il beat), bombardamenti jazz fusion ("If It Were Not for You", sembra di sentire Philli Joe alla batteria," Yoyogi Dehara"), melodie tranquillissime, quasi chill out, se non fosse per la solita parte ritmica assordante ("Raffinerie", "Guns and Bombs and Knives" rispettivamente breakbeat e dub più canonici).
Il collettivo viennese continuerà ad alti livelli tirando fuori una serie di dischi molto validi, cambiando più volte "formula", ad esempio sono molto apprezzabili le contaminazioni soul e rap di Encounters, ma è indubbiamente con "Cargo" che tirano fuori il meglio del loro repertorio. Assolutamente imperdibile!
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