Il non - stop erotic cabaret della premiata ditta Marc Almond - Dave Ball è indiscutibilmente una delle più eccitanti espressioni del techno-pop anni '80, benché sia perlopiù conosciuto per la cover del classico soul “Tainted Love”. Eppure è proprio in questo album che trovano spazio alcune delle più originali soluzioni sonore del pop in quel decennio. Qual era il segreto della formula che – sdoganando al grande pubblico molte intuizioni dei Suicide e dei Kraftwerk – fu tuttavia sufficientemente accattivante da brillare di luce propria? Dave Ball era la mente. Geniale multistrumentista innamorato del northern soul, nonché abile tessitore di trame col sintetizzatore ora sinfoniche, ora hi-nrg. Su pezzi come “Frustration”, “Secret Life”, ”Entertain Me” e la già citata “Tainted Love” le sue algide tastiere disegnano spietate traiettorie funk, che costituiranno una delle chiavi del sound del decennio appena iniziato (a Martin Gore e Neil Tennant staranno fischiando le orecchie… ). Marc Almond era il braccio. Performer espressivo e sopra le righe come pochi, plasma letteralmente la forma delle canzoni col suo vivido lirismo e con lo scomodo immaginario omosessuale cui fa riferimento.
Il titolo del disco è sintomatico, essendo il nome di un night a Soho, e la musica suona come la colonna sonora di un viaggio in un quartiere a luci rosse. Cronache di ordinaria depravazione nel Regno Unito pre-Thatcher e pre-Aids, tra nightclubbing e cinema porno. Emblematica in tal senso è la marcetta hi-nrg “Sex Dwarf”, con Almond che ripete languidamente "Isn't it nice/Sugar and spice/Luring disco dollies to a life of vice?". Oppure l’ansimante “Seedy Films”, in cui Almond inscena un bizzarro siparietto loureediano al grido di “feeling sleazy in sleepy sin city”. Un episodio strepitoso nel carpire dalla soul music l’aroma di sesso, sudore e fisicità e adattarlo al suono sintetico degli anni '80. Protagonista di questo gustoso gioco delle parti è quasi sempre la borghesia middle class frustrata e repressa in libera uscita (“Frustration” appunto, “Secret Life” e “Say Hello Wave Goodbye”, altro celeberrimo singolo). E’ invece struggente il microcosmo omosessuale più intimo cui fa riferimento Almond: quello di un adolescente che rincorre disperato la sua gioventù (“Bedsitter”, depositaria del marchio bedsitting che farà le fortune di Morrissey), per poi vederla sfumare come un granello di sabbia dalla mano (“Youth”). I brani in questione costituiscono l’apice del disco, con gli intrecci sinfonici di Ball che enfatizzano alla perfezione il pathos almondiano: “Dancing laughing Drinking loving/ And now I'm all alone In bedsit land/ My only home“ oppure “Youth has gone/ And don't think I don't cry /We let ourselves slip/ And now I ask myself why I'm on my own” sono squarci illuminanti in tal senso. E’ proprio questo lirismo - reminiscente di urgenza punk - a conferire al cabaret softcelliano quel quid che lo fa risplendere a 25 anni dalla sua pubblicazione. Non solo in un mare di opere speculari che non hanno saputo superare l’inevitabile obsolescenza di dischi basati su suoni elettronici, ma anche rispetto a tanti lavori elettronici del decennio scorso i cui autori sembrano già essere caduti nell’ oblìo.
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