"Essere l'unico membro fondatore rimasto è orribile: probabilmente è questa la principale ragione che ti spinge ad abbandonare e perdere interesse. Quando le persone vogliono identificarti con un'entità chiamata Soft Machine e considerarti responsabile per ogni cosa accada, la tua prima reazione è quella di volertene andare via... Non mi sono mai sentito parte della scena jazz inglese e più musicisti di quel tipo prendevano parte alla band, più si amplificava la differenza che sentivo fra me e loro, principalmente perché comporre era davvero importante per me, mentre il jazz è spesso e volentieri improvvisato e non ha bisogno di essere scritto."

Da questa intervista rilasciata da Mike Ratledge sulla sua uscita dal gruppo, pubblicata nel 1976 da una fanzine italiana chiamata Gong, si evince da quanto tempo ormai la prima incarnazione dei Soft Machine fosse scomparsa. Lo stile d'avanguardia, vertiginosamente sperimentale, proposto dal gruppo, arrivò ad un vicolo cieco dopo la realizzazione di "Third", perciò (dopo aver tentato di far convivere sonorità incompatibili tra loro in "4") si divise: da una parte lo sperimentalismo di Robert Wyatt, che decise di continuare la sua ricerca sonora (con enormi risultati), dall'altra l'imprevedibile jazz-rock formatosi con gli ultimi lavori che, quasi avesse avuto una volontà propria, richiamò a sé i più dotati musicisti jazz del panorama inglese, dando vita ad uno stile che troverà la sua forma definitiva con Bundles, nel 1975.

Un anno dopo tale lavoro, Mike, come abbiamo già detto, se ne va, lasciando la sua "macchina soffice" in custodia all'ormai nuovo leader Karl Jenkins. Allan Holdsworth decide di entrare a far parte dei Tony Williams' Lifetime, ma suggerisce un altro ottimo chitarrista come rimpiazzo: John Etheridge, allora militante nei Darryl Way's Wolf. Un'altra new entry è impersonata dal sassofonista Alan Wakeman (sì sì, cugino di Rick) che permette a Karl, prima addetto anche ai fiati, di concentrarsi solo sulle tastiere. Il reparto ritmico, composto da Roy Babbington al basso e da John Marshall alla batteria, rimane invariato e la band, così strutturata, dà alla luce nel 1976 l'album Softs.

In questo lavoro la chitarra è ancora una volta sotto i riflettori, ma adesso viene egregiamente accompagnata dagli altri strumenti, creando un sound molto più bilanciato rispetto al recente passato.
Gli episodi più lunghi vedono infatti John supportato o dall'intenso pianoforte di Karl e dalla furia batteristica dell'altro John (The Tale of Taliesin), o dall'elegante sax di Alan e dall'inarrestabile basso di Roy (Ban-Ban Caliban). "Song of Aeoius" ci mostra invece come si destreggia la chitarra in ambienti più riflessivi, modellati dalle tastiere di Mike Ratledge, tornato nei panni di guest (Ma come? Ospite del gruppo da lui stesso fondato? Ebbene sì...), mentre "The Camden Tandem" chiarisce a quali livelli disumani arrivino i due John(s) se messi l'uno di fronte all'altro.

Le epiche sonorità di "Nexus" ci introducono al jazz di "One Over the Eight", in cui spetta al sassofono di Alan il compito di dettare legge, per una volta a discapito della chitarra, la quale comunque trova subito il modo di riscattarsi tramite degli episodi acustici estremamente espressivi, che la vedono impegnata a duettare prima con il sassofono (Aubade) e poi con il pianoforte (Out of Season). Non mancano neppure gli assoli e se Karl tesse pacate atmosfere con le sue tastiere in "Second Bundle" e John ci mostra il suo lato romantico nello splendido ritratto acustico di "Etka", l'altro John con la sua "Kayoo" ci mette al corrente del fatto che, quando siede davanti alla sua batteria, probabilmente lui stesso diventa una macchina...ma di certo tutt'altro che soffice.

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