Meno male che Tony c’è!

“All Things Strange and Rare”, pubblicato nel 1999, non è certo un episodio imprescindibile nella discografia dei Sol Invictus, ma sarebbe un vero peccato trascurarlo, soprattutto da parte di chi da sempre segue con affetto l’avventura artistica di Tony Wakeford, articolata in una miriade di progetti, collaborazioni, album solisti ed ovviamente le uscite della sua band madre.

La raccolta in questione raschia il barile senza fondo della produzione discografica di Wakeford, proponendoci versioni alternative di brani già conosciuti ed episodi dispersi in compilation ed edizioni stra-limitate. Mostrandoci, soprattutto, un volto inedito del menestrello inglese.

Di stranezze, in effetti, ne troviamo a bizzeffe, come i 15 minuti di “A Palace of Worms”, in cui succede praticamente di tutto (fra oscure visoni industriali, ambient, consueto neo-folk, rinveniamo addirittura sprazzi di flamenco!), o la beatliesiana “Hedda Gabbler”. La prima, rubata dalla compilation “The Lamp of the Invisible Light” (del 1992), è in verità un viaggio allucinante che raccoglie più brani come “The World Turns” e “Now” (firmati da Wakeford) e “Panamampan” (di Blake), senza farsi mancare la voce di Aleister Crowley che recita la seconda parte di “Hymn to Pan”. La seconda, invece, originariamente presente nella compilation “Im Blutfeuer” (del 1993), è la rilettura di un brano di John Cale.

Ma il nucleo più gustoso della raccolta è costituito dal trittico “On and On”, “The Coffin Road” e “Above Us the Sun, che altro non sono che l'intera riproposizione del mini-album “Above Us the Sun”, piccola ma significativa gemma discografica uscita originariamente a corredo dell'omonimo libro, pubblicato nel 1994, che racchiudeva tutti i testi di Wakeford, accompagnati dalle illustrazioni dell’amico pittore Tor Lundvall.

I brani appartengono a quell'era della band in cui la qualità formale del Nostro era nettamente inferiore a quanto proposto dalla seconda metà degli anni novanta in poi, un'epoca in cui le composizioni caracollavano incerte ed affogavano mestamente nelle imperfezioni esecutive di un ego tracotante che ancora non si poteva definire un abile musicista, né tanto meno un sublime edificatore di scenari apocalittici. Un’epoca, tuttavia, in cui i brani brillavano di una luce diversa, suonavano più ingenui e sinceri, pulsavano infine di un cuore fertile e fecondo, capace di regalare emozioni senza il bisogno di ricorrere a sontuose orchestre ed eccelsi musicisti. Degne di menzione sono la raggiante “On and On”, vispa e scanzonata folk-song dal piglio sbarazzino, e la struggente title-track, una ballata crepuscolare che ci consegna i migliori Sol Invictus: due brani che, pur nella loro folgorante semplicità, ci dimostrano di che pasta era fatto il Nostro; due brani chiamati a rappresentare l’indicibile visione wakefordiana del mondo e della storia, fatta di struggente malinconia ed eroica abnegazione, senso di sconfitta e disincanto, di pessimismo e speranza: la speranza che un nuovo ciclo interrompa la fase di decadenza vissuta dall’umanità.

A completare il quadro, non mancano versioni alternative di brani conosciuti. L’album, per esempio, si era aperto con una versione più prepotentemente industriale del classico “Looking for Europe” (pescata dal 7 pollici “Looking for Europe”), rafforzata da un granitico basso slappato; mentre dopo “Above Us the Sun” c’è ancora spazio per una succulenta ghost-song: la rilettura in chiave cacofonica dell'intensa “Tooth and Claw” (da “Lex Talionis”), qui attraversata da acide sferzate noise.

Da segnalare, in conclusione, la scelta di collegare tutti questi brani, molto diversificati da un punto di vista stilistico, con un unico tema conduttore, ossia un elementare giro di pianoforte che introduce o percorre molti dei pezzi presenti: un escamotage che rimarca l’esigenza del totalizzante Wakeford di conferire un senso concettuale anche ad una semplice raccolta di inediti e rarità.

Non tutto è di inestimabile valore, ovvio, ma nel calderone è possibile imbattersi in autentici gioielli; per questo non rimarranno delusi i fan più irriducibili di quest'uomo che ha fatto la storia del folk apocalittico.

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