"Sol Veritas Lux", edito nel 2006, si rivela una operazione fondamentale per gli appassionati dei Sol Invictus, poiché va a rispolverare le prime fondamentali registrazioni della formazione capitanata da Tony Wakeford, altrimenti oggigiorno difficilmente reperibili.

Si inizia con l'imprescindibile EP "Against the Modern World", la prima testimonianza artistica dei Sol Invictus.

1987-1988: Tony Wakeford, abbandonati i Death in June, decide di intraprendere un percorso analogo a quello dell'ex compagno di merende Douglas Pearce. Percorso artistico che vede il progressivo abbandono delle sonorità post-punk degli esordi e l'approssimarsi ai lidi inquietanti di un folk scarno e decadente. Molti infatti i punti in comune con la Morte in Giugno, sia a livello stilistico che concettuale. Ma la lettura della Fine che compie Wakeford è estremamente personale e per niente riconducibile alla visione poetica di Pearce, disincantato inseguitore dei propri fantasmi, il cui approccio, denso di maschere e simbolismi impenetrabili, si mostra senz'altro più enigmatico ed intimistico.

Secondo il talento appassionato e visionario di Wakeford, la via della Fine assume i toni epici, tragici ed universali di un'aspra battaglia. Battaglia che va a rappresentare metaforicamente il coraggio della solitudine, la responsabilità del singolo rispetto alla mancanza di valori della massa. E' la lotta solitaria, disperata e senza speranza di un uomo contro le forze soverchianti ed invincibili di una società corrotta e meschina. Ma anche la lotta dell'Uomo contro le spietate leggi della natura che regolano l'universo: "From yesterday… till tomorrow" recita infatti "A Ship is Burning". E nella semplicità di questi versi si cela il senso dell'intera poetica wakefordiana: la transitorietà dell'esistenza, che, come una brezza di mare, passa sopra le nostre teste, ci attraversa, ci precede, ci sopravviverà.

Da un punto di vista strettamente musicale, c'è da dire che ne farà di passi avanti il Nostro: dietro al microfono Wakeford è davvero un cane (e meno male che a dargli una mano c'è l'amico Ian Read, al quale, per il piacere delle nostre orecchie, viene ceduto il microfono in più di una circostanza), mentre le sue dita, abituate alle corde ben più massicce del suo strumento di origine, il basso, si muovono goffamente nel tentativo di agguantare gli accordi più elementari. Tuttavia queste scarne composizioni rappresentano l'essenza dell'arte di Wakeford, che per tutta la sua carriera, pur raffinandosi a livello stilistico, non farà che ribadire temi, concetti e visioni qui contenuti.

Nemmeno 25 minuti bastano per scrivere la storia del folk apocalittico. Quattro brani su otto rimarranno classici inossidabili del repertorio dei Sol Invictus: "Angels Fall", "Against the Modern World", la già citata "A Ship is Burning" e la splendida "Summer's End". I pezzi rimanenti non sono certamente da meno: "Raven Chorus" e "Long Live Death" vanno a ripescare quelle reminiscenze Joy Division che avevano caratterizzato i primi Death in June, mentre "Untitled" e "Wolf-Age, Axe-Age" testimoniano, fra il fragore dei suoni in loop e le invocazioni "odiniche", la componente rituale che costituirà in futuro una componente costante nella produzione artistica dei Sol Invictus.

("Against the Modern World": 5 stelle)

L'ascolto prosegue con i dieci brani di "In the Jaws of the Serpent", storica esibizione dal vivo risalente al dicembre del 1988. Penalizzato fortemente da una registrazione spartana e da una scarsissima preparazione tecnica dei musicisti, questo live si rivela comunque un ascolto interessante per i fan più incalliti. Anzitutto perché in esso troviamo gli embrioni di pezzi storici quali "Gold is King", "Media" e "Abattoirs of Love" (che verranno immortalati nelle opere successive, i seminali "Trees in Winter" e "Lex Talionis"). C'è spazio anche per una prima versione di "Two Corbies", classico della tradizione inglese, che troverà collocazione nel recentissimo "Devil's Steed", a rimarcare una coerenza concettuale e stilistica che la formazione dimostrerà in tutto il corso della carriera.

Questa registrazione ci consegna inoltre il primo nucleo effettivo dei Sol Invictus, nucleo che vede, accanto al buon Tony, il fido Karl Blake al basso (che tutt'oggi ritroviamo a fianco del corpulento singer) e il già citato Ian Read (che proseguirà in seguito con gli ottimi Fire + Ice), per l'occasione alle tastiere oltre che alla voce. Da segnalare, infine, la simpatica (quanto irrilevante) presenza di Rose McDowall, già collaboratrice di Death in June e Current 93, dietro alle pelli.

("In the Jaws of the Serpent": 3 stelle)

Dopo l'inutile sproloquio strumentale di "The Joy of the World", le ultime tre tracce non sono altro che le rivisitazioni di "Angels Fall", "Against the Modern World" e "Summer's End", meglio eseguite, arrangiate e registrate, che vanno a concludere nel migliore dei modi i quasi ottanta minuti qui contenuti, ai quali nessun vero appassionato di folk apocalittico può rinunciare.

So Long Live Death!

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