I Solaris (band ungherese formatasi nel 1980), come si può evincere dal loro nome estratto dal romanzo di Lem e soprattutto dal film capolavoro di Tarkovskij, sono sempre stati affascinati dalla fantasciena e dallo spazio. "Marsbéli Krónikák" (Cronache Marziane - non c'è bisogno di conoscere l'ungherese per tradurlo) edito nel 1984, senza perdersi in puntigliose classifiche, a mio giudizio è uno dei loro migliori lavori. Trattasi di un album interamente strumentale, asseribile nel filone "Space Prog", composto da una lunga suite d'apertura divisa in più parti, chiaramente di matrice classica progressiva, e dai successivi brani di durata media 4 minuti. L'eredità del prog classico c'è e si sente (specie nell'uso del flauto e della chitarra acustica, che, in scenari spaziali e futuristici, possono sembrare inopportuni, in realtà non lo sono affatto), ma per quanto riguarda il resto degli strumenti, gli arrangiamenti e le atmosfere siamo perfettamente contestualizzati negli anni Ottanta. I suoni elettronici sono molto presenti, la batteria e le testiere connotano proprio quel decennio e anche la chitarra elettrica ha l'impostazione del rock a loro contemporaneo. La qualità tecnica complessiva è molto elevata e le tracce del disco si snodano tra ritmi accelerati e pulsanti, pause addolcite dal flauto e culmini di riff di chitarra cadenzati e scanditi.
"Marsbéli Krónikák" è un album molto ricco, compatto e vario, ma la varietà non risiede tanto nella differenza tra un brano e l'altro (onestamente tutti un po' simili tra loro), ma nei vari momenti all'interno dei singoli pezzi. La suite iniziale, che dà il nome al disco, inizia con dei vagiti inquietanti, accompagnati da un ritmo incalzante, per poi addolcirsi nella seconda parte, fino ad arrivare all'apice in cui interviene prepotente la chitarra elettrica. Ad aumentare la sensazione di saga epica intervengono qui e non solo "cori dallo spazio", concettualmente non lontani dallo stile "pinkfloydiano" prima maniera. Più o meno, il resto dell'album segue questo schema. Vorrei comunque segnalare i brani "M'ars Poetica" prima soave infine struggente, la velocissima "Ha Felszáll a Köd" ed il brano di chiusura "Solaris" una sorta di condensato e di congedo ultimo, ben bilanciata e coinvolgente.
Il mio giudizio non può che essere positivo su questa epopea fantascientifica che si fa apprezzare per tecnica e stile. Un ottimo esempio di come, a volte, sia sufficiente la musica ad evocare con incredibile chiarezza e suggestione ciò che si vuole raccontare.
Carico i commenti... con calma