Solex per molti, per pochi Elisabeth Esselink, una giovane nerd in gonnella, ex commessa in un negozio di dischi di Amsterdam, nel 1999 se ne esce con questo disco frutto delle intuizioni che avevano portato due anni prima al pur buon esordio di "Hitmeister" dove però, il tentativo di montaggio e destrutturaziuone della formula canzone per proporre qualcosa di diverso e innovativo, avevano dato solo qualche spunto interessante e poco più.

Ecco quindi affacciarsi questo disco, per molti il suo capolavoro, che definire "bizzarro" è un'offesa. "Pick Up" mescola con nonchalanche ritmi sincopati e volutamente fuori tempo con flauti andini (?) registrati qui e là, esperimenti proto-punk con una sorta di klezmer-calypso, chitarre country-blues con sezione fiati anni '30, creando una sorta di patchanka fusa all'elettronica più sghemba.
Il canto di Solex poi, si fa sempre e comunque "lontano" come uscisse da un vecchio grammofono o ancor più da quei primi microfoni mono dal suono terrificante ma irresistibile (ricordate i primi DOORS?).

Solex non si preoccupa di dare un'uniformità alle composizioni perché di fatto NON SONO SUE. La nostra ex-commessa si è divertita a "giocare" con registrazioni casalinghe di concerti, dischi, cassette e tutto ciò che ha lontanamente parentela col suono, tagliando, cucendo, sovrapponendo e riformando una "formula-canzone" originale e riconoscibilissima, con un gusto, un'artigianalità e un'inventiva senza precedenti che sarebbe piaciuta al vecchio W.Burroughs.

Peccato che poi, come quasi sempre succede con lavori di questo tipo, la formula si è inaridita e, sparito l'effetto novità, non ha che citato se stessa non trovando altro modo di rinnovarsi:
Che è una storia già vista e rivista...

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