L'evoluzione del progetto Son Lux cominciata con il disco "Bones" (Glassnote) nel 2015 e l'allargamento del progetto al chitarrista Rafiq Bhatia e il batterista Ian Chang, si può finalmente dire compiuta. "Brigther Wounds" infatti, il quinto disco del progetto fondato da Ryan Lott nel 2008 e uscito lo scorso nove febbraio su City Slang, si può dire come il termine di una crescita che se non riguarda strettamente il tipo di sonorità proposte in termini di "genere", apre comunque nuove prospettive che sono state possibili solo grazie alla collaborazione diretta in maniera continuativa con nuovi musicisti e che pure senza deviare dall'imprinting iniziale del progetto, Ryan Lott, un musicista e compositore di formazione classica ma allo stesso tempo un esperto ingegnere del suono, ha saputo gestire e pilotare con quella consapevolezza che oggi ce lo fa riconoscere come una delle figure centrali del panorama indie USA.
E in effetti "Brighter Wounds" potrebbe costituire una delle grandi sorprese anche in termini di successo e di riconoscimenti per quello che riguarda il mondo della musica indipendente e alternative diciamo più "mainstream". Ci troviamo del resto davanti a un disco che va ben oltre le sonorità trip-hop proposte in passato e che fedele a una estetica sintetica minimalista, rimescola le esperienze passate di Ryan Lott (tra cui le collaborazioni tanto con Sufjan Stevens quanto con stelline della musica pop come Lorde e le sue brillanti produzioni come compositore di colonne sonore per il cinema) traducendosi in un disco pop di successo.
Caraterrizzato da atmosfere per lo più drammatiche e un songwriting ispirato tanto a esperienze personali come la paternità oppure la perdita di un caro amico dopo una lunga malattia contro il cancro, quanto a tematiche più ampie e riguardanti lo stato attuale del suo paese sul piano sociale e di quello che definisce "il silenzio della protesta", "Brighter Wounds" è un disco in cui si succedono tracce che hanno un carattere maggiormente cinematico come "Forty Screams", "All Directions", tracce più tipicamente dubstep ("Dream State", "The Fool You Need" "Sorrounded"...), momenti caratterizzati da un intenso drammatismo al limite del patetico come "Slowly", "Aquatic", "Resurrection". Una serie di composizioni che sono a tratti strazianti quanto anche fonte di meraviglia per sonorità che alternano momenti di chiaroscuro con una lucentezza fatta di scariche elettriche e raggi di sole artificiali e in cui resta interessante l'apertura a collaborazioni con il trombettista Dave Douglas e quel matto metà artigiano e metà sperimentatore e sciamano di Arrington de Dionyso in una dimensione sonora dove pop evidentemente non significa solo intrattenimento ma anche qualità e contenuti.
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