Non potevo non recensire quello che per il Rolling Stone è uno dei migliori 5 dischi di debutto del 2002 e per me il disco piú bello della scorsa stagione in assoluto.
Sondre Lerche Vaular è un diciannovenne norvegese piccolo piccolo spuntato fuori dal nulla nel 2001 con un E.P. (Dead Passengers) che ha attirato l'attenzione dei media per un'incredibile capacità compositiva, talmente originale da far gridare al miracolo.
Ebbene il miracolo nel 2002 è avvenuto; messe da parte le sonorità pop-grunge, punk, garage, 70's dei vari gruppi in circolazione negli ultimi 3 anni, "Faces Down" si butta su qualcosa che nessuno (a parte, forse, Beck Hansen) sa piú fare decorosamente: mescolare gli stili al massimo.
In quest'album, se si escludono le sonorità metal e hip-hop c'è veramente di tutto: melodie beatlesiane ("You Know So Well") spezzate a metà dalla bossanova piú leggera ("Virtue And Wine"); ballate acustiche, solo chitarra e voce, depresse al massimo da far impallidire il piú pessimistico dei Thom Yorke ("Side Two"); canzoni scarne e crude chitarra-batteria con forte andamento psichedelico, tipo "Tomorrow Never Knows" ma senza troppi effetti ("Sleep On Needles"), pop songs nel miglior stile blur tipo "Coffee and TV" ("All Luck Ran Out"); canzoni cantate in duetto (forse l'unica cosa non proprio azzeccata) e canzoni proprio non classificabili ("Things You Call Fate") che rompono il loro andamento ogni tanto per far posto a suoni assurdi e che lasciano l'ascoltatore veramente perplesso (ma solo ai primi ascolti).
Il disco accelera bruscamente per poi quasi fermare il suo ritmo nei momenti piú intimi, poi riprende fiato con un po' di pop e infine si butta su uno stile tutto suo (una specie di crossover "gentile").
Se quest'artista fosse nato in Gran Bretagna gli inglesi ci avrebbero fatto una testa cosí infilandocelo anche nei pacchi dei biscotti per la colazione. Per il momento è ancora semisconosciuto... ma se continua cosí la notorietà arriverà presto, assieme anche a qualche bel riconoscimento per il talento.
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