Il limite stesso della natura umana è l’incapacità di sapersi rinnovare, avrà pensato Jason Molina.
"The Magnolia Electric co." è, sotto questo punto di vista, un disco di svolta profonda. Messi da parte turbamenti psichici interiori e pulsioni minimali, canti d'usignolo e arpeggi dilatati, il piccolo uomo dell'Ohio (ancora piú piccolo visto da vicino : provare per credere) imbraccia ora un suono decisamente piú corposo e, fianchieggiato da una band in carne e ossa, mette in fila una serie di sonorità di vago sapore anni '60.
Dal vivo, poi, tra le caratteristiche mura blues del Big Mama, le canzoni non ammettono mezze misure, impreziosite da un talentuoso tocco country-blues, corposo e denso (la produzione di Mr. Steve Albini ha dato buoni frutti).
Si comincia con "At Least The Dark Don't Hide It", impreziosita dal talentuoso lavoro di improvvisazione del chitarrista (Dan Sullivan?).
"Don't This Look Like The Dark" è un pugno rock nello stomaco, e ci si ritrova sperduti in mezzo alla folla che comincia a scaldarsi (ma siamo davvero sicuri che quello è Songs - Jason Molina - Ohia?), lunga cavalcata acida che prelude alle due gemme della serata: "untitled #1 and #2" andrebbero ascoltate per costrizione, con le dolci ed eteree armonie di tromba e batteria, perfetto equilibrio tra estasi e risveglio.
Si chiude, dopo (i pochi) 60 minuti con "Almost Was Good Enough" e "Big Beast", mormorii fumosi di un rock che guarda a cavallo dei migliori fine '60 e inizio '70, quasi che i migliori ultimi Wilco abbiamo davvero segnato il passo.
Tocco finale per una considerazione personale: oltre che essere talentuosi musicisti i quattro Songs:Ohia si sono dimostrate persone deliziose e gentili, anche per un talentuoso rompipalle come il sottoscritto, disponibilissimi anche per una simpatica chiacchierata sui Wire, di cui si professano grandi estimatori.
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