Purtroppo in Italia Sonny Landreth è praticamente (semi)sconosciuto.

Eppure merita proprio.

Sonny è un abile chitarrista famoso soprattutto per il suo modo di suonare la chitarra slide, intersecando allo stesso tempo altre tecniche. Funziona così: il bottleneck è tenuto sul mignolo della mano sinistra, cosi che le altre quattro dita possano contemporaneamente eseguire gli accordi, mentre la mano destra si destreggia in tapping, slapping e altri prodigi.

Riconoscibile tra mille è dunque il suo stile, che sembra quasi esser più apprezzato dagli altri artisti che dal resto del mondo. La sua firma è presente in molti dischi come special guest: John Hiatt (la collaborazione più famosa), Gov't Mule, John Mayall ed Eric Clapton, giusto per fare qualche nome.

I dischi da solista di Landreth sono però i più interessanti, poiché la tecnica è protratta a livelli più sperimentali e la sua voce è pura essenza di finezza.

"South Of I-10" è un disco molto raffinato, che nello stesso tempo segue e precede una serie di ottimi dischi. Il disco precedente "Outward Bound"  è altrettanto incantevole, mentre il successivo "Crazy Cajun Recordings" è una interessante raccolta revisited di vecchia musica da ballo nera.

Ma torniamo all'album in questione: l'alternanza dei generi rock, southern rock, blues e una lieve influenza cajun sono quasi tangibili, mentre il biglietto da visita "Shooting For The Moon" attacca con la sua incontenibile chitarra, vagando su quell'autostrada da cui prende il nome l'opera. "Creole Angel" dona quella dolce aura di allegria che il genere crea Sonny chiamando con la voce e rispondendo con la chitarra; questo brio è sempre presente nei lavori del chitarrista.

Il brano più interessante per gli amanti della tecnica è senza dubbio "Native Stepsons", il strumentale rock blues in cui Sonny da libero sfogo alla sua inventiva oltrepassando le barriere della propria tecnica. Il riff che viene ripreso tra un'improvvisazione e l'altra è semplice e geniale in contraddizione col resto e rende la canzone ritmica e scandita.

Grandissima è la performance di "Orphans Of The Mother Land", particolare ballad dedicata al tanto perseguitato popolo indiano, mentre le atmosfere si fanno più mistiche e cupe in "Congo Square", in cui le atmosfere rivelano un mondo spirituale di superstizioni. "Turning Wheel" è un buon  oltraggiato swing, orecchiabile e gioiosa melodia che da "speed" al disco.

La title track è la celebrazione maggiore dello stile di Landreth. Tutto sa di questo artista: situazione, ritmo, suono e atmosfera. Mentre con la tastiera di "Cajun Waltz" si sonfina in un tributo alla dolcezza e alla pacatezza, giusto per dimostrare che anche un lento può dare carica.

Ma arriviamo ora al momento più popolare del disco, il momento in cui si tira fuori una chitarra acustica e ci si da alla pazza gioia con la slide: "Mojo Boogie", la canzone popolare trasformata in chiave moderna. Una folle "C'est Chaude"  comincia a dare la piega finale, lasciando il posto ad un brano leggermente più commerciale delle altre "Great Gulf Wind". Il posto di classico finalino di coda è assegnato a "12" che dolcemente chiude il disco strumentalmente con la sua poca durata e la sua intensa orecchiabilità sfuma pian piano nella magia del silenzio.

Spero che a Sonny Landreth darete un'ascoltata, perché è forse uno degli artisti più sottovalutati d'America.

Purtroppo.

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