Se si arriva nemmeno alla metà di un disco e si preferirebbe ardentemente ascoltare gli Zero Assoluto non è esattamente un buon segno. Eppure è quello che mi è capitato con l'album d'esordio del gruppo "rivelazione" dell'ultimo Festival di Sanremo.

I Sonohra suonano come un poco simpatico incrocio tra Alvin Superstar e delle unghie passate su una lavagna il primo giorno di scuola dopo le vacanze estive. I loro testi smielati e vuoti più dello sguardo di Monicona Bellucci riescono nella non facile impresa di far sembrare Moccia una sorta di Shakespeare contemporaneo. In apertura svetta (si fa per dire, naturalmente) "Love Show" il nuovo singolo pronto per l'estate che ha il pregio di farsi odiare con una rapidità disarmante. Attenzione: se ascoltata mentre si è in spiaggia può provocare improvvisi e inspiegabili annegamenti. "Sei un viaggio che non ha ne meta né destinazione... sei la terra di mezzo dove ho lasciato il mio cuore" cantano poi nella loro prima grande hit "L'amore". Tolkien si è già rivoltato nella tomba e ha mandato Sauron e Saruman in spedizione punitiva a Sanremo. Gli hobbit, frattanto, stanno seriamente pensando di abbandonare la loro terra di mezzo come segno di protesta. Il video della canzone, c'è da dire, è assolutamente godibile (se solo si fa finta che non ci siano i due sonohri in mezzo alle palle a rovinare le immagini della splendida campagna irlandese e se si azzera l'audio della tv).

"English Dance" ha un testo molto forte, non adatto alle anime più sensibili: "Mi drogherò di musica" è difatti uno dei versi più aggressivi mai sentiti nella storia del rock'n'roll. Gli arrangiamenti d'archi sembrano messi giù a casaccio, così come una parte chitarristica che vorrebbe essere aggressiva ma riesce al massimo ad essere ridicola. "Cinquemila mini mani" parte con un pianetto e degli archi barocchi ancora una volta inseriti a caso, poi una chitarrina alla Oasis fa pensare che se proprio si deve scegliere con una pistola puntata alla testa, è questo a sorpresa (visto il titolo agghiacciante) il pezzo meno peggio del lotto. Tra le ballatone strappamutande spicca per noia quella che dà il titolo a tutto l'album. Una flebo totale, da ricovero immediato alla clinica degli orrori. Le due voci che vanno a braccetto riescono ad essere più irritanti di quelle di Paola & Chiara dei tempi peggiori. L'amalgama delle loro voci provoca un'insensata voglia di farla finita. Non da meno "Salvami" che con quel "nainanaina nainana" prova a inventare un nuovo tormentone alla "tuturuturututtu" degli Zero Assoluto e con la sua durata di quasi 6 minuti metterebbe alla prova anche la pazienza di un santo. Il finale è assolutamente delirante tra chitarre epiche stile The Edge e archi alla vogliamo essere i nuovi Sigur Ros (??!). La successiva "Io e te" è (indovinate?) un'altra ballatona romantica. In mezzo c'è persino una parte di chitarra country che anziché Johnny Cash ricorda piuttosto il pezzo "Sei parte di me" dei già più volte citati (sarà un caso?) Zero Assoluto. Quasi inutile aggiungere che è una canzone veramente molto brutta.

"So la donna che sei" ha un andazzo funky e le liriche per adeguarsi si fanno bollenti: "Il sesso come libera-liberazione", fino alla libera-liberazione di un ritornello orgasmico cantato insieme a una voce femminile soul davvero poco sexy. "L'immagine" ha un arpeggio di chitarra "Street Spirit" e poi ancora archi pomposi e liriche involontariamente ultra-kitsch. "Sono io" fa pensare che se questi due non cantassero per forza insieme contemporaneamente noi ascoltatori si soffrirebbe un po' meno, no? A un certo punto appare uno sconcertante violino folk. Gli elementi in questo disco sembrano essere mescolati insieme a formare un gran polpettone senza un senso logico. Il gran finale è affidato al piano à la Coldplay di "I Believe". Il testo e la voce fanno accapponare la pelle. "I believe, nell'amore universale," cantano con tutto il fiato che hanno in gola. Un'epicità di quelle che sfiorano i Muse, ma i Muse sentendosi sfiorati li scacciano via manco fossero fastidiosi moscerini (senza offesa alcuna per i moscerini, beninteso).

Fratelli come i Gallagher che dopo averlo saputo hanno fatto richiesta al comune di Manchester di non essere più fratelli, i due sonohri Luca e Diego Fainello citano tra le loro influenze musicali Bryan Adams e Bon Jovi, ma sbandierano pure una certa presenza di blues e country all'interno del loro lavoro. Dichiarazioni sconcertanti alla Donadoni, che non trovano evidente riscontro nemmeno al più attento ascolto possibile cui mi sono autocostretto per portare a termine questa recensione in maniera professionale. Non basta mettere dieci secondi di chitarra pseudo-country o dei violini pseudo-folk per farla sotto il naso dell'ascoltatore. Il riferimento musicale più vicino pare evidentemente essere piuttosto la colonna sonora di "High School Musical" cantata da Luca Dirisio.

Il successo dei Sonohra è dunque uno di quegli eventi inspiegabili al pari dei fuochi fatui o della combustione spontanea. Essere belli non sono belli. E anche il loro look è alquanto discutibile e anonimo: troppo fighetto per essere emo ma troppo sfigato per essere fighetto. Il nome che si sono scelti, pure quello, è davvero orripilante. Può avere talmente tanti significati che finisce per non averne nemmeno uno. Cos'è? Credono di apparire più intelligenti usando il latino? Mi spiace, ragazzi: missione fallita. Sonohra, se li conosci li eviti. Se non li conosci, beato te.

Ah, dimenticavo... Giunto faticosamente al termine di questa accozzaglia di canzoni (già belle pronte per essere cantate dagli Amichetti di Maria De Filippi) ho capito il senso ultimo del titolo dell'album: finito il cd sì che ci si sente davvero "liberi da sempre." E' una vera "libera-liberazione!"

Adesso vado a partecipare al concorso "SOSTIENI I SONOHRA A TRL E VINCI UNA TELEFONATA CON LORO" così se vinco gliele canto io quattro a questi due.

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