Si può ancora essere “politici” in un disco? Ossia, è ancora possibile riuscire a veicolare un netto messaggio politico, riuscendo al contempo a produrre della musica coerente con le premesse teoriche?
A sentire la musica prodotta da Shabaka Hutchings, 34 enne sassofonista londinese con fitti legami di storia personale nelle Barbados, ex colonia britannica, si direbbe proprio di sì. E' difatti lui l'anima e la testa dietro ai Sons Of Kemet, gruppo jazz londinese dalla formazione atipica (doppia batteria/percussioni, tuba e sassofono) e a molti altri gruppi della nuova scena jazz britannica (oltre ai Sons Of Kemet, Hutchings è dietro a The Comet Is Coming, The Ancestors, e collabora con Heliocentrics e Polar Bear). Il suo è un messaggio forte e diretto contro la politica coloniale inglese, in particolare nei Caraibi, da cui proveniva la famiglia di Hutchings e in cui lui stesso si trasferì e visse dai 6 anni all'adolescenza, tornando in patria con un attestato di conservatorio al clarinetto. Oltre che con un bagaglio culturale allargato e un notevole dente avvelenato verso il colonialismo britannico .
Da tutto ciò scaturisce il concept futuristico-politico dietro a “Your Queen Is A Reptile” in cui si equipara la Regina ad un essere alieno malvagio adorato da sudditi ebeti, che ne assecondano e ne hanno assecondato i fini egemonici nel mondo. E allora alla Regina Aliena Hutchings contrappone le regine che lui adora, ognuna ad intitolare i brani che compongono “Your Queen Is a Reptile”.
Si parte con Ada Eastman, nonna di Shabaka, omaggiata con un brano dalle spedite ritmiche caraibiche, intervallate da un cantato a metà fra hip hop, Reggaeton e qualcosa di tribalmente Voodoo. Si prosegue con un dub jazz cantato da quello che potrebbe essere un toaster rastone dei sobborghi di Kingston e dedicata alla psicologa Mamie Phipps Clark. Sono forse queste le due tracce che escono un po' di più dal seminato prettamente jazzistico, ma non si può dire che il resto del disco (e delle donne nere black and proud omaggiate) sia di livello inferiore, anzi.
L'attivista Harriet Tubman cavalca un jazz sincopato e schizoide condotto da un lungo solo che dura in pratica l'intero pezzo. La mitica Angela Davis procede sorniona e groovy, su un tappeto di tuba dai decibelbassissimi. Nanny, regina dei Maroons, figura importante per l'indipendenza dei Giamaicani, si stende su rilassate ritmiche africane, mood che condivide con il bellissimo brano dedicato a Anna Julia Cooper, sociologa ed educatrice nera. Ancora Africa, versante Etiope nel brano dedicato alla regina del popolo Ashanti Yaa Asantewaa.
E per finire il brano che svetta secondo me su tutto, il tributo a Albertina Sisulu, moglie attivista del prigioniero politico sudafricano Walter Sisulu, roba che viene voglia di ballare per strada, tutti insieme: neri, bianchi gialli verdi e blu. Certifica sia la bontà della musica che l'approccio politico la mitica Impulse Records.Già da ora fra le migliori cose sentite questo anno.
Carico i commenti... con calma