Lo volete un consiglio? Spegnete tutto. Televisori, radio, e specialmente, quella maledettissima macchina de-evolutiva che è il personal computer. Uscite di casa, se potete, dopo aver mangiato, la sera. Alzate la testa al cielo, e fissate quell'occulto mastodonte che dalla notte dei tempi ci impedisce di ottenere orientamento cognitivo alcuno. Cielo, universo, spazio: chiamatelo come cazzo vi pare. Ma è a lui che dovete tutto. E specialmente, è a lui che dovete “Seismic” (2012), opera ultima di una tra le mie band preferite, nonché divinità prima del gotha space-stoner-doom contemporaneo.

La Small Stone, quest'anno ha regalato chicche vergognosamente ben prodotte. E per la prima volta, ha dato anche ad una delle realtà più seminali della storia di questo settario genere, la possibilità di prostrarsi ai suoi più affamati adepti, con sfumature spaziali senza precedenti. La Qualità dei suoni: è in primis, questa volta, la vera e speculare innovazione in grado di riflettere le spettrali ed entusi-asmatiche potenzialità del THC.

Alla faccia di chiunque, dico allora io, di andarselo a sentire un album come questo. Per 3 fondamentali motivi: il primo, legato al calore con cui brani come Far From Fine o Guilt, riescono a cancellare l'umanità intera, il suolo che si pretende di calpestare ancora, e quant'altro di materialmente concepito, per catapultare la vostra ghiandola pineale in collisione con le più remote località del firmamento; il secondo, perchè forse, dopo più di 15 anni, Ken Baluke e Frank Sargeant, allineano alla loro pachidermica tonalità strumentale, un batterista con i controcazzissimi, dando un fottuto, catartico ed inaspettato senso alla loro carriera di sperimentazione audicolar-sensitiva; terzo ed ultimo motivo, perchè quest'album, la 'parcheggia' soavemente nel 'back-stage corporeo' a tutti coloro i quali ritengono lo space-doom un generucolo oramai andato a de-consolidarsi. No signori. Sarò anche bollato come purista, ma ancora non mi è parso di sentire line-up così capaci, dedicate, sfrontatamente ma responsabilmente drogate, e in tal modo assemblate. E giù, con altri indizi, come Alone, Lessons e Never In my Life: brani granitici, solenni come le radiazioni interstellari, lisergici a dovere, ed estremamente weed-induttivi.

Così, dopo quintali di vuoto astrale colmato da fuzz, rat-distortion e modulatori wah di variegata natura, ecco l'apoteosi orgiastica dell'ascolto: Cosmic Jam. Probabilmente, una tra le migliori ballate space-blues dell'eternità umanitaria. Delay come si replicasse Woodstock su Nettuno, phazer e flanger più che caparbi e poderosi, ma anche una cannonata di bendings delicati e de-tuneggianti.. insomma, tutto quello che un doom-dipendente dopato di stoner, chiederebbe a Babbo Natale, fumandosi con lui un grasso, interstellare Chillum della pace infinita.

Capito sir Michael Bublè? Preghi Osiride, che il suo mieloso cofanetto da centro commerciale, non cada mai addosso a questo imperdibile, allucinogeno, estatico album. Probabilmente, brucerebbe.

Ravvedetevi, perchè appena avviato il cd, la fine non sarà affatto 'vicina'.

Fortunatamente..

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