Premessa: tendo a scusarmi con gli Editori e con i lettori per la lunghezza, forse eccessiva, di questa recensione. Se non la pubblicherete pazienza, vi capisco, ma se qualcuno deciderà di leggerla sino in fondo capirà il perché di questo mio eccessivo e forse snervante dilungarmi.
Quello che mi appresto a recensire è l'ultimo disco dei Sophia dell'ex God Machine, dal titolo "Technology Won't Save Us". Il genere in questione è un post-rock ombroso che alterna momenti acustici ad altri più spiccatamente elettrici, non disdegnando aperture alla Mogway (per intenderci).
Questa sarà però una recensione un po' diversa da quelle da me fatte precedentemente: non so perché ma ascoltando le canzoni di questo album mi sono venute in mente solo immagini, anche momenti da me vissuti, emozioni che ho provato o scene di film che ho visto. Tutto ciò ha fatto sì che io apprezzassi queste composizioni forse oltre il loro oggettivo valore, ma d'altra parte il bello della musica è pure questo. Essa infatti ha una forza e un'espressività raramente comunicabili sotto altre forme, e quando ti entra dentro ti scorre nelle vene e si impossessa dei tuoi ricordi e della tua immaginazioni, lasciandoti vagare liberamente nell'universo creato dalle note.
Un consiglio: se già possedete l'album in questione provate ad ascoltare le singole canzoni mentre leggete il commento da me scritto...
Capitolo I, Technology Won't Save Us: un veliero che affonda nelle profondità marine. L'acqua è scura, tremendamente scura, il vascello affonda lentamente, placido, cullato dai flutti ed accarezzato dalle alghe, sino a depositarsi sul fondo. Ci spostiamo però in superficie: una tempesta si abbatte sui marinai che hanno cercato una via di fuga dal naufragio gettandosi in acqua. La scena è drammatica: uomini aggrappati ad assi, scialuppe in frantumi vengono capovolte e tirano giù anche i poveri superstiti. L'ultima volta che li vedo è al minuto 3:28, quando affondano e annegano, sommersi dalla tempesta impetuosa e dalla sua furia.
Capitolo II, Pace: in auto, da solo, sto guidando. La giornata è bella, fredda ma soleggiata, sono su di una strada tortuosa, che serpeggia tra boschi e colline, di quelle tipiche dalle mie parti. Il sole filtra tra una quercia e l'altra, ed io sono felice perché sto raggiungendo la persona che amo. Dietro di me le preoccupazioni di una vita percorsa sempre correndo, senza sosta, con problemi ad ogni svolta. Davanti a me soltanto lei, la persona che amo, la persona verso la quale sto guidando, e non mi occorre nient'altro per essere felice sereno ed in pace con me stesso.
Capitolo III, Where Are You Now: la Scozia. La tipica pioggia scozzese cade lenta e copiosa, ma non da fastidio. Salgo su per una collina, verde smeraldo che, nonostante la pioggia ed il grigiore, risplende con dei riflessi innaturali. Cammino a testa bassa, assorto nei miei pensieri, e senza neppure accorgermene ne raggiungo la vetta. Alzando gli occhi vedo il mare, il freddo mare di Edinburgo, e lì mi fermo a fissarlo. Non piove più però è freddo, e solo una calda coperta rubata in hotel mi ripara dal vento pungente. Guardo il mare, le isolette lontane, e lì cerco una soluzione ai miei problemi ed alle mie preoccupazioni. Poi riabbasso la testa e ricomincio la discesa: la risposta non è arrivata, ma scendo comunque con un sorriso perché so che almeno l'equilibrio interiore, quello sì, l'ho raggiunto.
Capitolo IV, Big City Rot: la metropoli. A Natale tutto è più allegro in città, ma quanta ipocrisia... Immagini in bianco e nero, tutto è accelerato come se andasse a velocità doppia, ma solo alcuni particolari si muovono a velocità ridotta: il vapore che esce pigro dai tombini ed un mendicante, a bordo del marciapiede, che nemmeno più ha la forza di alzare una mano per chiedere aiuto. Passa una donna ricca, impellicciata, le cade un guanto: il mendicante lo raccoglie, la richiama per porgerglielo e lei, per tutta risposta, lo raccoglie schifata e lo getta nel cestino, solo perché l'ha toccato il pover'uomo, e si allontana. Lui scrolla la testa, e con un sorriso sconsolato si riaccascia a terra e si lascia di nuovo andare al suo torpore.
Capitolo V, Twilight At The Hotel Moscow: l'antico Giappone. Il samurai è in piedi di fronte al suo avversario, lo sguardo fisso nel vuoto. Il vento soffia, portando con sé petali rosa di pesco e lasciandoli cadere su di un piccolo stagno. L'attesa pre-duello è breve ma sembra un'eternità al samurai, che rivede lentamente tutta la sua vita: la moglie, i due figli ai quali ha insegnato la sua arte, il padre e la sua infanzia. Sa di non aver lasciato nulla di irrisolto dietro di sé, e sa che potrebbe essere l'ultima volta che combatte, ma non ha rimorsi, poiché sa anche di essere stato un padre, un marito ed un figlio modello. Poi tira un sospiro, sguaina la katana e si slancia contro l'avversario.
Capitolo VI, Birds: la vita di tutti i giorni. Questa è forse l'immagine più semplice da raccontare perché unanimamente condivisa. Un problema ti affligge, qualcosa non va e te ne stai pensieroso sdraiato sul letto a rimuginare. Niente ti sembra possa andare bene, poi d'improvviso un lampo e tutto si risolve: trovi una soluzione, una risposta, o semplicemente ti convinci di averla trovata, e come per incanto tutto cambia. Il mondo sembra così cadere ai tuoi piedi, ti sembra come quando un cielo nuvoloso è squarciato dal sole, che con i suoi raggi si fa strada attraverso il grigio. Ed è così che ritrovi la grinta per superare anche quel problema ed andare avanti.
Capitolo VII, Lost (She Believed In Angels): il funerale di un amico. Un giovane si trova a dover partecipare al funerale di un suo caro amico. Ci sono tutti: parenti, amici più o meno intimi, la sua ragazza. La sera, dopo il funerale, il ragazzo si ritrova con altri amici, tutti conoscenti del defunto, ad un pub. Nessuno parla dell'accaduto il silenzio domina ed ognuno affonda nei propri ricordi, le memorie condivise con l'amico che ora non c'è più. Nessuno però piange, tutti quanti si ricordano solo i bei momenti, la cavolate fatte tutti assieme. Così il nostro protagonista rompe il ghiaccio ed esordisce con un "Vi ricordate di quando tutti insieme...", una frase che sa di liberazione. Ecco che tutti dicono la loro, ognuno racconta la sua storia divertente, ed il ragazzo sepolto poche ore prima viene rievocato, e rimarrà per sempre con loro, impresso con il suo sorriso nei loro ricordi.
Capitolo VIII, Weightless: la crisi. Lui e lei, seduti ad un tavolo, pensierosi. Questa è l'ennesima discussione, incomprensioni di fondo hanno minato ultimamente il loro rapporto. Lei le parla, cerca di spiegarsi, di andarle incontro, di consolarla e di farle vedere la realtà sotto un altro punto di vista. Lei però è ferma sulle proprie decisioni, non torna indietro: su tutto aleggia un'aria tranquilla, ma è dettata da una rassegnazione di fondo. Alla fine lei scuote la testa seria e sconsolata, per l'ultima volta, poi si alza e se ne va, lasciando lui seduto da solo con i propri pensieri.
Capitolo IX, P.1 / P.2: la crisi scongiurata. Situazione analoga alla precedente, solo che stavolta la discussione è ben più accesa. Lei accusa lui di non sostenerla abbastanza, di non starle vicino a sufficienza. Lui però controbatte perché sa di essere nel giusto, sa che sacrificherebbe tutto per lei, ogni suo momento, e non accetta un simile rimprovero. Alla fine riesce a farla ragionare, riesce a farle capire che lui sarà sempre lì per lei, basta che lei lo voglia e creda di più nella forza della coppia. I due si abbracciano, e anche stavolta quella che sembrava la fine della loro storia si trasforma in una normale lite tra innamorati.
Capitolo X, Theme For The May Queen N°3: Pompei. La terra trema, prima piano piano, poi una scossa tremenda avverte la popolazione che il vulcano si è svegliato. Un boato gigantesco stordisce tutti, mentre una pioggia di lapilli mista a cenere comincia a piovere sugli inermi abitanti del villaggio. Il magma comincia a scendere lentamente dalla sommità del monte, travolgendo tutto ciò che gli si para davanti; si alza una coltre di fumo denso ed irrespirabile, la pioggia di detriti si fa sempre più forte. Poi tutto si placa, e nel momento in cui la cappa di fumo e cenere si solleva non c'è più nessuno che grida o corre in cerca di un riparo. Ci sono solo sagome scure immobilizzate per sempre in una smorfia di orrore, testimoni silenti di ciò che la natura è in grado di fare se solo si decide ad alzare un solo dito. E di fronte a tale potenza, la tecnologia di certo non potrà salvarci.
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