In questi giorni sto ascoltando a ripetizione il nuovo, bellissimo album dei Sorority Noise, e i ricordi legati ai miei anni novanta sono risaliti in superficie. Il loro suono è pregno di quel mitico decennio, di quel sano emo che ormai non c'è (quasi) più, di quel grunge scazzato e di quel punk ironico ma profondo che accompagnava le mie giornate estive quando ero ragazzino.
Sembra strano che oggi, vicino ai trent'anni, possa farmi ammaliare da un disco del genere, e invece è successo di nuovo. Come lo scorso anno con i The Hotelier, quest'anno sono stati i Sorority Noise a tirarmi fuori le emozioni legate alla mia preadolescenza. La Topshelf Records ci ha visto bene anche stavolta, e si è presa sottobraccio questi giovani ragazzi del Connecticut prevedendo che avrebbero fatto centro. E con il loro nuovissimo disco Joy, Departed hanno decisamente fatto centro.
Se "Blissth" si apre con violini e pianoforte, "Corrigan" esplode di punk/emo che ricorda sia i Weezer degli anni novanta sia i più recenti The World Is a Beautiful Place And I Am No Longer Afrad To Die. La bellezza è nella musica, che seppur puzzi di già sentito colpisce ed emoziona, e nei testi profondi e malinconici che coinvolgono e si appiccicano perfettamente ai nostri ricordi, alla nostra vita vissuta.
I ragazzi ci sanno fare, e lo dimostrano con due dei migliori brani dell'intero album: "Fluorescent Black" che si avvicina non poco al sound dei Pianos Become The Teeth più introspettivi, e "Your Soft Blood", che brilla di luce propria con una melodia che intristisce e affascina. Questo è l'emo che vogliamo sentire nel 2015, questo è il suono perfetto per chi, come me, rimpiange con nostalgia quella dolce innocenza che avevamo da ragazzini.
I Sorority Noise, con questo loro secondo lavoro, dimostrano di essere un'ottima band con grandi potenzialità. La voce del gruppo, Cameron Boucher, ha saputo spremere tutte le sue esperienze e tutte le sue emozioni in ogni singolo brano dell'album. Sanno divertire suonando un pop-punk interessante e mai noioso (basti sentire "Nolsey" per farsi un'idea), e sanno emozionare tirando fuori dal cilindro brani dai testi personali e intimi (come la delicata "Fuchsia"), capaci di penetrare anche nel cuore più pietroso. Un album, questo Joy, Departed, che non impegna troppo ma che ci fa riflettere. Un album che scorre nelle nostre orecchie senza intoppi ma che ci lascia addosso quella nostalgia dei bei tempi andati e che mai più recupereremo.
Dolci, divertenti, scanzonate, malinconiche ed emozionanti, le dieci tracce di questo disco sono le giuste canzoni per queste serate estive accanto ad un falò. Noi, la nostra vita da trentenni e le immagini di noi ragazzini che vivevamo senza troppo stress e senza preoccupazioni.
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14 nov 15