"Prophecy" è un capitolo fondamentale della saga Soulfly, non solo per l'effettiva natura estremamente positiva del lavoro svolto dalla Tribù di Max Cavalera ma anche sotto il profilo simbolico infatti il quarto disco della band dell'ex-leader dei Sepultura è il primo solido tassello di un trio di album registrati con una line-up stabile alla quale presto, per la gioia di tutti noi fedeli di Max, si aggiungerà "Omen", in uscita a maggio (una free-track è già disponibile dal sito della Roadrunner, ed è la bellissima "Rise of the Fallen" con la prestigiosa collaborazione di Greg Puciato direttamente dai The Dillinger Escape Plan).
Il fattore della line-up è relativamente importante, poichè pur essendo ovviamente per il 90% del lavoro farina del sacco del nostro Brasiliano preferito è importante ricordare che i primi tre album dei Soulfly (l'omonimo, "Primitive" e "3") hanno avuto tutti vari cambiamenti di formazione, una situazione confusionaria, voluta dallo stesso Max per evidenziare il carattere di Carrozzone tribale e poliedrico della sua creatura ma in fondo che ci sia più chiarezza e certezza in una macchina da guerra come i Soulfly è sicuramente un bene e i risultati si vedono tanto sono validi i vari "Prophecy", "Dark Ages" e "Conquer".
Facciamoli allora i nomi di questi gregari del Profeta : Marc Rizzo, prodigioso maniaco della chitarra (già negli Ill Nino), il fantastico picchiatore Joe Nunez (già batterista su "Primitive") e il simpatico Bobby Burns al basso (membro anche dei rap metallers Primer 55). Ma la natura tribale dei Soulfly non viene a mancare con l'inserimento di membri che saranno poi negli anni a venire fissi, anzi ancora una volta una folta schiera di artisti e musicisti riempie gli studio di "Prophecy", tra i tanti spicca ovviamente Dave Ellefson (già alla corte di Dave Mustaine dei Megadeth) che suona il basso su quasi metà album e appare anche nel video della title-track al posto di Bobby.
Tornando a "Prophecy", l'album si rivela come al solito un'altro esempio vincente della creatività e della spregiudicatezza musicale di Massimiliano Antonio Cavalera e della sua voglia di continua esplorazione e incessante ricerca artistica, è cosi che si passa da canzoni in tipico stile Soulfly come l'incipit "Prophecy" un quadratissimo e incalzante brano anthemico divenuto ovviamente un classico nelle setlists della band, la successiva "Living Sacrifice" un thrashcore molto spinto abbellito da un bridge dub-ambient, la ribelle "Born Again Anarchist" e la spigolosa "Mars" sempre in bilico tra violenza thrash di Sepulturiana memoria e rallentamenti che raggiungono l'apice nelle rispettive parti finale tutte dedite alle sole percussioni, chitarre classiche e inserti tribali, a brani che ricordano molto da vicino il feeling di "Chaos A.D." e il suo groove metal intenso pregno di influenze hardcore come nella poderosa "Execution Style", nella brutale "Defeat U" (scritta e cantata assieme a Danny Marianino) e nella caotica e velocissima "Porrada" (tutta retta su un riffing hardcore e un lavoro ritmico di derivazione Slayer ma che viene aperta da un godibilissimo intro flamenco e chiusa da una breve pseudo-samba brasiliana).
Questi sono sicuramente i pezzi più d'impatto e di garanzia del Soulfly-sound, le restanti tracce rappresentano invece il lato più sperimentale e riflessivo dell'album : la stupenda "I Believe" è un pezzo sulfureo ed emozionante, quel piccolo gioiello di crossover reggae-metal di "Moses" (scritta assieme al gruppo serbo reggae-hardcore Eyesburn che presto recensirò) è uno dei brani più riusciti dell'intera carriera dei Soulfly, ovviamente non poteva mancare la strumentale sognante (che stavolta riceve pesanti dosi di flamenco, merito del nuovo entrato Rizzo) "Soulfly IV", bellissima ma anche molto azzardata è "Wings" un pezzo dub-soul cantato solo dalla calda e toccante voce di Asha Rabouin (che già era apparsa su "Primitive" per il brano "Flyhigh" e su "3" per la commovente "Tree Of Pain"), gli ultimi due minuti danno spazio a una banda con tanto di tamburi, piatti e tromboni che fa assumere alla traccia ulteriore sapore latino, azzeccata anche la scelta di coverizzare "In the Meantime" degli indimenticabili Helmet che si rivela un rocciosissimo muro del suono perfetto per l'attitudine Soulfly.
L'edizione speciale ha anche 6 bonus-tracks registrate live in Svezia nel 2001 e sono "Back to the Primitive", "No Hope = No Fear", "Spit", il medley tra l'inizio di "Jumpdafuckup" e "Bring It", "The Song Remains Insane" e l'immancabile "Roots Bloody Roots".
"Prophecy" è un disco che cattura, che evoca scenari di apocalisse ma che concede anche tanto relax mistico e alternativo e può essere sicuramente un buon inizio per coloro che per primi si avvicinano alla band in questione, poichè sa coniugare benissimo tutti gli elementi e le caratteristiche dei Soulfly, un must.
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