Anno di grazia 1994. I Soundgarden regalano ai fan l’ ultima vera splendente perla prima del loro scioglimento: il meraviglioso, sublime “Superunknown” . E’ proprio in quest’ opera che il quartetto di Seattle raggiunge la completa maturità, sfoggiando un nuovo sound molto più cupo e oscuro rispetto a quello più violento e veloce (quasi heavy) che aveva caratterizzato il gruppo fino a quel momento, introducendo inoltre una (grossa) dose di melodia che a volte esalta il brano (vedi “Fell On Black Days” ) o addirittura lo rende un po’ “stucchevole” (vedi la strafamosa ballata “Black Hole Sun”, canzone che tutti vedono come il simbolo del gruppo, che non mi ha mai convinto davvero).
Ad aprire il disco è il primo vero capolavoro, “Let Me Drown”, dal bellissimo riff un po’ tenebroso e un po’ incazzato che accompagna alla perfezione la meravigliosa ugola di Chris Cornell, front-man dalle indubbie doti vocali. “My Wave” è un’ altra di quelle canzoni forse fin troppo melodiche per i gusti del sottoscritto, ma è sicuramente anch’ essa una gran composizione degna di nota. Impossibile non citare “Mailman”, la traccia che forse mi emoziona di più tra le 15 (tante) del disco, molto lenta e triste, ma dal riff “cazzospaccatuttotritaognicosa” (complimentoni vivissimi a Kim Thayil, che mai come in questo album ha dimostrato grandi doti compositive) e dalla voce devastante, dura, violenta come non mai di Chris, che ci regala degli acuti magistrali. La title-track è forse la canzone più hard-rock dell’ album, mentre “ Head Down” è sicuramente un altro pilastro di “ Superunknown” , ricco di emozioni, grazie ai giri turbolenti di batteria (by Matt Cameron) nella fase finale e ad un Cornell che si inventa una tonalità di voce particolarissima. I ritmi più elevati vengono certamente raggiunti in “Kickstand” , pezzo veloce e di grande energia, ma in “4th Of July” l’ atmosfera cambia del tutto; all’ingegnosa testolina di Kim bastano infatti 2 accordi, e dico 2, per dare vita ad un riff macabro e malinconico, che “traghetta” la lucubre voce del solito Chris che interpreta perfettamente il pezzo, creando un atmosfera tutt’altro che positiva. Da ricordare anche “Fresh Tendrils” , “The Day I Tried To Live” e la finale “Like Suicide”.
Che altro dire su “Superunknown”? Che forse quest’ album ha un po’ rappresentato il distacco dalle radici grunge, se si possono definire così, dei Soundgarden, che hanno risposto per le rime a chi li definiva un gruppo “Led Sabbath” , incapace di creare qualcosa con le proprie mani.
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