E’ un album che suscita sicuramente curiosità e contaminazione sonora l’esordio degli Space Yantra, duo genovese formato da Nadeshawari ed Ysmayl che affonda le proprie radici nella musica sacra indiana e nell’elettronica sviluppandole in una forma quasi sciamanica. Una volta messo in play, l’esperienza si rivela fin da subito più vicina ad un rituale che ad un semplice ascolto, dove la mutevolezza e la eterogenia delle otto composizioni detta le dinamiche di insieme. Ci si cala in una dimensione altra con “Invisible Spheres” e ci si scalda con il riddim reggae di “Yanya”: a quel punto siamo trascinati in una giungla di risonanze dove il canto armonico prende il sopravvento in "Ritualise your Roots"; siamo in profondità, la coscienza si smuove, ecco “Ambrosial Mandala” e “Devi Kavacham” che ci fanno scoprire il lato “pop” se vogliamo della band, in una misura simile a quello delle meravigliose prime raccolte Buddha Bar. Con “Mirage”, forse un po’ troppo didascalicamente, ci spostiamo in un deserto dove fanno comparsa suoni mediorientali. “Jungle” e la finale “Estasi” rimandano con la loro fluidità a sonorità vicine agli americani Gang Gang Dance e alla neopsichedelia americana, chiudendo questa quarantina di musica facendo trapelare dei possibili sviluppi futuri maggiormente influenzati da suoni occidentali. Nel suo insieme il disco trova forza nelle variazioni acustiche e vocali mentre l’elettronica, per quanto a volte azzeccata nell'idea, appare troppo staccata dal resto. La voce cristallina di Nadeshawari da un valore aggiunto non solo alle canzoni ma al suono generale. Per essere un debutto, buono.

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