Mettiamo che sei musici più o meno famosi del bresciano decidano di incontrarsi e di unire le loro forze perché ritengono (a ragione, secondo me) che il rock’n’roll che c’è in giro sia sempre troppo poco rispetto alle esigenze di noi ascoltatori che vogliamo qualcosa di più delle “solite cose”.

Ecco che allora si possono materializzare CD come questo, e spettacoli infuocati come sono i concerti degli Spanish Johnny, che è una sorta di supergruppo delle nostre lande. Il cantante, ruvido e alcolico come sempre, è Sandro Ducoli, accompagnato da personaggi provenienti da vari gruppi della zona come Tommaso ed Enrico Vezzoli rispettivamente alla chitarra e alle tastiere, Paolo Panteghini alla chitarra elettrica, Tommaso Fusco al Basso e James Gelfi alla batteria. Tra i personaggi già su De-Baser anche Aaron Van Cleef, cioè Van Cleef Continental. Visto che prendono il nome da un personaggio partorito dalla mente di Bruce Springsteen (lo “Spanish Johnny” di “Incident on 57th Street”), si può capire come l’orientamento musicale sia verso quel rock americano pieno di chitarre e armoniche a bocca che tanto andava nei ’70 e nella prima metà degli ’80.

E’ un rock’n’roll contagioso quello che sprigiona dalla musica che ascoltiamo in questo mini-album (poco meno di mezz’ora, ma che importa? Meglio questi piccoli brevi gioielli che tanti tediosi e lunghi CD anonimi e inutili). Quelle che gli Spanish Johnny raccontano sono storie ambientate su strade polverose, posti di avvoltoi, come la prima canzone che si chiama proprio “Spanish Johnny”, riflessioni sulla condizione umana di persone che dalla storia non imparano nulla (esempi ne abbiamo davanti tutti i giorni), una splendida e nervosa ballata elettrica (“Zabulon”), poi c’è “Tombstone” una grande ballata che ricorda qualcosa dei momenti più lenti di “The river” di Springsteen. Con l’unica cover dell’album gli Spanish Johnny portano “Jokerman” e il vecchio Bob Dylan a farsi un giro dalle parti del New Jersey. “Demas” è un atto d’accusa a chi pretende di insegnarci il Verbo a modo suo cercando di farlo passare come verità sacrosanta.

C’è poi un clamoroso regalo che i Gang fanno agli Spanish Johnny, cioè un pezzo scritto e recitato dai fratelli Sandro e Marino Severini in persona che occorre trascrivere per capire quanto è bello.

Figlio, divorato da comete Arso dalla polvere di strade perdute Dov’è il sudore? Dov’è il freddo? Figlio, il tuo fianco è ferito, la luna lo saE l’ ubriaco che ti ha indicato la viaOra è a cena, con la morte. Figlio, insonne, naufrago di sangue Chitarre senza corde, voce rotta Eco nel ventre del diavolo Figlio, canta l’angoscia La verità non fa domande, solo desiderio Brucia l’orologio del campanile Mentre tu parlavi ho udito gli spari, lontano Mentre i treni deragliavano e galleggiava il tuo corpo, nel dolore del sole Figlio, rumore elettrico di nervi Sarà forse il vento? Il letto è ancora vuoto, infine è amore, senza alba Figlio sei arrivato ai cancelli del cielo Il sangue scioglierà ancora una volta i tuoi capelli Figlio dalle mani docili e la rosa spezzata Figlio dal volto appassito E’ così che impari quello che il tuo paese ora dimentica.

Immagino l’emozione di Sandro Ducoli e compagni nel vedersi fare questo regalo dai Severini. L’ultimo pezzo è, a mio giudizio, il più bello di un mini-album di qualità musico-letteraria veramente alta. Il pezzo si chiama “Leaving Las Vegas”, con splendide chitarre acustiche ad aprire il pezzo e una grande atmosfera da sogno rock’n’roll che nell’ascoltare ci si augura che non debba finire mai.

Ma non preoccupiamoci per la morte del rock’n’roll, non è oggi.

Carico i commenti...  con calma