Dopo la deludente esperienza della cooperativa musicale CPM, alcuni musicisti provenienti da Embryo e Missus Beastly tentarono la strada canonica per la produzione di musica indipendente fondando l'etichetta April Records. Questa volta andò decisamente meglio tanto che la CBS tedesca finanziando il progetto permise le nascita della Schneeball, piccola casa discografica ancora oggi in piena attività con parecchi titoli interessanti nel catalogo.

Il primo album prodotto dalla April è questo sconosciuto "Bayern-Rock" dell'altrettanto sconosciuta formazione dei Sparifankal, un quintetto bavarese dai trascorsi folk. Il nome deriva da una comune hippie attiva sin dai primi anni '70 nei dintorni di Monaco; cinque dissidenti della comune misero in piedi un'omonima formazione musicale dal repertorio tutto popolare cantando tassativamente in uno stranissimo dialetto bavarese, una lingua tratta dal tedesco medioevale miscelata con parole difficilmente traducibili in quanto prese dal vocabolario dell'esperanto, verbo utilizzato soprattutto dalla controcultura americana degli anni ‘60. Unico dei cinque membri con qualche riconoscimento postumo, il bassista e cantante Florian Laber proveniente dalla cult-band dei Siloah e con qualche partecipazione "on the road" ai vagabondaggi degli Embryo. Gli Sparifankal si posero sin dalle loro prime apparizioni pubbliche del 1972 come un ensemble estremamente politicizzato e di denuncia sociale. Dopo quattro anni di live in fumose birrerie, scazzottate furiose, inseguimenti ed arresti da parte della polizei, rocambolesche fughe di prigione, i cinque si ritrovano nel palco di due piccoli teatri con un repertorio tutto nuovo. Da queste due serate venne tratto il live disco in questione pubblicato nel 1976; album stranissimo, difficilmente accostabile a qualunque altra produzione appartenente al filone del "krautrock". Piuttosto ostico ai primi ascolti si rivela con paziente attenzione estremamente interessante, soprattutto per l'utilizzo di strumentazione prettamente folk come ocarina, tamburi, ukulele, dulcimer, kazoo, corno francese, armonica a bocca ed elettrificazioni varie, per la creazione di un "proto-punk" che anticipa in qualche passaggio di chitarra ma soprattutto nel modo di cantare (alla Klaus Dinger) i La Düsseldorf del disco omonimo e di Viva.

Non essendo un progetto realizzato in studio si potrà facilmente perdonare agli Sparifankal un risultato tecnico appena sufficiente anche se l'insieme delle canzoni è tutto fuorché scontato. Arrangiamenti essenziali con incedere ritmico pulsante ed improvvisazioni alla "come vengo vengo e se non vengo verrò la prossima volta" ("Bluus Fo Da Peamanentn Razzia", "De Groskopfadn", "Bis zum Nexdn Weidgriag"), si alternano a metafisiche serenate scanzonate dal ritmo costantemente avvolgente (Dees Land Is Koid) e a momenti più lenti ma ugualmente intriganti seppur al limite dell'approssimazione elettrica con buone dosi melodiche eseguite alle chitarre, al flauto etnico, all'ocarina ("Wans Ums Farecka Nimma Ged", "I Mechd Di Gean Amoi Nackad Seng", "Da braune Baaz"). Sebbene nella versione originale in LP vi siano a corredo i testi delle canzoni non si riesce proprio a tradurne il significato, troppo antica la lingua, nemmeno il nonno in cariola di Ebernard Schoener ci sarebbe riuscito; si presume tuttavia che i temi trattati siano riconducibili al rock in opposition. A conti fatti, un documento interessante proveniente dall'underground tedesco che non scese a compromessi commerciali cercando nell'amatorialità di base e nell'ingenuità giovanile d'introdurre parte della cultura tedesca perduta in un contesto rock non necessariamente intellettualoide.

Il resto della discografica Sparifankal viene in via precauzionale sconsigliato ai più pretenziosi amanti del rock tedesco dei tempi perduti, causa la svolta verso belle "strutturine" tra ballata folk e brutta copia di certo blues elettrico. 

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