Gli Sparks nel 2008: chiedersi se ne valga ancora la pena è assolutamente lecito, dato che esistono realtà musicali di fondazione assai più recente che di fatto non hanno già più motivi (artistici si intende) di continuare ad esistere, ma tuttavia non bisogna dimenticare con chi si ha a che fare, chi sono i fratelli Mael: i tempi di "Kimono My House" e "Propaganda" non sono destinati a ripetersi, quel tipo di freschezza ed ispirazione è destinato per natura a decadere dopo un periodo più o meno breve, è una legge che vale per tutti, ma la vera marcia in più degli Sparks è la flessibilità, l'intelligenza, l'ironia. Io, che rinuncerei molto più volentieri al tatto o all'olfatto piuttosto che al mio "sesto senso" non posso che apprezzare queste doti innate, quando non ci si sente dei profeti, dei padreterni, dei fanfaroni ma piuttosto degli arguti giullari ed intrattenitori tutto riesce più facile, più bello, ed il tempo ti sorride invece di sbugiardarti rendendoti una patetica autoparodia. E così gli Sparks se ne escono nel 2008 con questo "Exotic Creatures Of The Deep", schiaffando in copertina un simpatico scimpanzè in smoking, un "omaggio" a modo loro per l'allora presidente americano George W. Bush; che se ripenso a tutto il teatrino ad alto tasso lucrativo imbastito sulla sua figura e le sue mirabolanti imprese da green day, madonna (il minuscolo è puramente voluto) ed altri personaggi squallidi quasi mi risulta simpatico. Vabbè, quello che intendevo dire è che lo scimpanzè è un gran figo è spacca di brutto, esattamente come gli Sparks.

Teatrale, pomposo, vulcanico e dissacrante, "Exotic Creatures Of The Deep" dimostra che i fratelli Mael sono ancora una gioiosa macchina da guerra, armata di un pop barocco infarcito di pianoforti e reminescenze classicheggianti: dall'incalzante opener "Good Morning" fino alla spettacolose contorsioni orchestrali di "Likeable" è tutto un continuo e gaudente bombardamento di canzonette geniali e strampalate per un album concepito come uno spettacolo di cabaret, un'operetta buffa. C'è anche spazio per il divertente tributo/parodia di "Lighten Up, Morrissey" con il suo riff che ricalca quello di "Glamourous Glue", l'electro-glam ammiccante e pseudo-sensuale di una fantastica "I Can't Believe That You Would Fall For All The Crap In This Song", la frenesia sarcastica di "Let The Monkey Drive" con le sue nevrotiche linee di piano e lo scontro frontale tra swing e hard rock di "Strange Animal", ma sono gli episodi più "classicheggianti" a dominare la scena. Che si tratti di pomposità come "This Is The Renaissance", la quasi ballad "I've never Been High" e soprattutto l'epica ed esilarante "(She Got Me) Pregnant" piuttosto che l'approccio più subdolo e stralunato di "Photoshop" e "The Director Never Yelled Cut" il divertimento è sempre assicurato.

Russell non avrà più l'esplosività dei tempi di "Something For The Girl With Everything" ma il suo stile inconfondibile non è cambiato di una virgola, sempre un grande cantante e teatrante geniale, mentre Ron è ancora un burattinaio (come sulla copertina di "Pulling Rabbits Out Of A Hat") capace di sottigliezze ed idee sorprendenti oltre che di perfette melodie pop; decenni di attività che sembrano non pesare per i due fratelli californiani, ancora capaci di produrre album ispirati e divertenti come "Exotic Creatures Of The Deep". I Mael bros sono ancora fedelissimi ai valori della (loro) famiglia, e conoscendoli questo spiega un po' tutto, spiega come mai la fossilizzazione è un rischio che non li sfiora minimamente, c'è veramente poco altro da dire e molto da ascoltare.

Carico i commenti...  con calma