Nutro un'indissolubile stima per quanto prodotto sul finire degli '80 da Jason Pierce e Pete Kember, meglio noti come Spacemen 3. Con pochi mezzi, ma molte idee, coniugarono il feedback e l'iteratività ritmica di ascendenza velvetiana, con atmosfere statiche proto ambient, proponendo una versione iper stordita ( e stordente) del termine psichedelia.
Non mi interessa se il loro ritratto musicale degli '80 sia considerato imprescindibile o trascurabile dagli storiografi del rock; non riesco a non rimanere incantato ogniqualvolta metto su un disco degli Spacemen 3. Hanno l'innata capacità di mandarmi in stand-by il cervello, coi pro e contro del caso. Vista tale premessa, è ovvio che un'uscita solista di Kember a.k.a. Sonic Boom non può che essere oro colato in questi tempi di vacche magre.
"Indian Giver" è la testimonianza di un incontro/scontro, avvenuto nel 2003, fra due personalità musicalmente distanti, ma dalla comune sensibilità: il suddetto Boom e Jim Dickinson (già produttore dei Big Star). Incontro avvenuto nell'eremo di Dickinson, lo Zebra Ranch, una stalla sulle rive nord del Mississippi, particolare che aggiunge un tono ancor più surreale alla già strana accoppiata. Informazioni folkloriche a parte, il summit musicale sembra essere stato troncato dopo pochi giorni di registrazioni, per sopravvenute divergenze musicali.
Un disco riuscito a metà quindi, la cui pecca maggiore risiede nella mancanza di uniformità delle tracce. Lo spoken word da piano bar di "Til Your Mainline Comes" e il blues paludoso di "The Old Cow Died" di Dickinson poco legano con le altrettanto solipsistiche tracce a firma Sonic Boom, continuazioni del discorso Spacemen 3, come "Take Your Time", o "Mary" fino alla reprise di "Hey Man". Ma quando la visione dei due collima, non ce n'è per nessuno: la cover di "Tomorrow Hits" dei Mudhoney è codeinica il giusto, lo strumentale "Confederate Dead" evoca spettri da guerra di Secessione, con incedere narcotico, fiddle e moog a braccetto per le paludi sudiste. Picco del disco, "The Lonesome Death Of Johnny Ace" torbida murder ballad natalizia, cantata dallo spettro di Johnny Cash dopo un elettroshock di musica cosmica tedesca.
Consigliato a tutti nostalgici dell'epopea Spacemen 3, soprattutto a quelli che poco reggono le derive orchestral sinfoniche degli Spiritualized.
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