Natalie Portman occhialuta, Joseph Gordon Levitt in un incrocio tra Lemmy e Cliff Burton, locandina in stile Metallica: impossibile rimanere indifferenti davanti a questa pellicola.
"Hesher è stato qui" è il primo lungometraggio di Spencer Susser, nonchè il primo film in cui la bella Portman fa da produttrice. La pellicola di Susser mette in scenza la storia di TJ ed Hesher (Joseph Gordon Levitt): due personaggi che si conoscono quasi per caso e che diventeranno direttamente e indirettamente l'uno amico dell'altro. TJ è un ragazzino che ha appena perso la madre in un incidente stradale e suo padre è depianato dal dolore e dai farmaci: Hesher entra nella loro vita in modo del tutto inatteso, portando ulteriori problemi, ma anche quel pizzico di distrazione e sollievo necessari in un momento di difficoltà.
Un prodotto che fa leva esclusivamente sulla figura di Hesher e in parte minore sul personaggio della Portman: il film in se è poca cosa, con dei risvolti che sono già stati utilizzati centinaia di volte e anche in modo migliore (vedi la sottotrama del bullo che tortura il nostro piccolo protagonista). Ma l'Hesher di Gordon Levitt è un soggetto perfetto: un metallaro anarchico che si fomenta ascoltando Metallica e Motorhead, senza disdegnare qualche macchina incendiata. Non è il solito buonista stravagante che cambia il suo volto durante il film: è un bastardo dall'inizio alla fine, ma ha la rara capacità di saper carpire gli insegnamenti della vita, quelli che altri sembrano lasciarsi sfuggire.
"Hesher è stato qui" è una pellicola figlia dell'inesperienza del suo regista: va avanti a singhiozzo, senza un'apparente significato filmico, per arrivare ad un finale scontato ma bello (epica la scena del discorso di Hesher al funerale). Un film che ha tutta la sua forza nel personaggio principale, capace di diventarlo pur non essendo il vero protagonista della vicenda.
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