American McGee è un personaggio decisamente controverso della storia videoludica, che dopo aver lavorato al level design di giochi come i primi due capitoli della saga di "Quake" e il secondo e terzo di quella di "DooM" per idSoftware, nel 2000 ha dato alle stampe il suo debutto come designer per Electronic Arts, ovvero l'affascinante e disturbante "American McGee's Alice", versione distorta della favola "Alice nel Paese Delle Meraviglie" ideata da Lewis Carroll. Però, dopo quello splendido esordio, sono anni che prova a raggiungere nuovamente vette qualitative del genere, proponendo titoli che, se sulla carta presentano un potenziale devastante, lasciano l'amaro in bocca quando ci si può mettere sopra le mani: se "American McGee's Grimm", ovvero la reinterpretazione delle favole dei fratelli Grimm, è un gioco piacevole, ma non certo indimenticabile, "Bad Day L.A." è il punto più basso toccato dalla sua carriera e definirlo imbarazzante è essere teneri (almeno per il sottoscritto). Questo "Alice: Madness Returns", sequel diretto di "American McGee's Alice" rappresenta il titolo con cui lui cerca di riconfermarsi a fan e non come quel geniale visionario che il mondo videoludico aveva imparato ad amare undici anni fa. Il secondo capitolo della saga di Alice, sviluppato dalla software house da lui fondata, la Spicy Horse, si porta dunque sulle spalle un'eredità gravosa che in queste righe scopriremo se è riuscito a soddisfare.  

Innanzitutto mi sembra doveroso avvertire chi non ha giocato al primo episodio e intendesse farlo senza rovinarsi il finale: saltate il racconto della trama e passate direttamente al paragrafo sul gameplay per evitare spoiler. Detto questo, la trama in breve: in "American McGee's Alice" vedevamo la nostra protagonista internata dal manicomio di Rutledge in seguito alla morte della sua famiglia in un incendio probabilmente appiccato dal suo gatto Oreste. Alice se ne assume le colpe e, dopo il tentato suicidio, viene portata nel nefasto edificio dove, nella sua mente, compie un tormentato viaggio attraverso le lande distorte del Paese delle Meraviglie, ormai corrotto insieme ai suoi abitanti dai suoi sensi di colpa. Alla fine del gioco la ragazza riusciva a superare i suoi complessi, rappresentati dalla Regina di Cuori e dai suoi scagnozzi (come il Cappellaio Matto), e le veniva concesso di uscire dal manicomio. Tuttavia a distanza di anni le sue folli visioni e sensi di colpa tornano a manifestarsi e l'incipit vede proprio Alice tentare di superarli con l'aiuto di un dottore che cerca di farle dimenticare i brutti ricordi relativi all'incendio. La ragazza comincia però a sviluppare qualche dubbio sulle reali cause della morte dei suoi famigliari. Durante il gioco indagherà dunque su questi fatti, girando per le strade di una Londra vittoriana decadente, e, nel Paese delle Meraviglie, ancora una volta distrutto, cercherà di combattere i suoi complessi che di si manifesteranno sotto forma di strane creature oleose.

Veniamo ora alla giocabilità vera e propria: esattamente come il suo predecessore, "Alice: Madness Returns" è un platform contaminato da elementi slasher. Pur mantenendo la struttura del primo capitolo della saga, i ragazzi di Spicy Horse hanno apportato le opportune modifiche tipiche dei giochi moderni, perfezionando ad esempio i salti tra piattaforme fisse, rotanti, basculanti ecc., tramite il miglioramento dell'agilità della protagonista, ora in grado di compiere un triplo salto volteggiando in aria per poi atterrare dolcemente. Va detto che, a differenza di molte produzioni videoludiche che mirano ad un pubblico sempre più ampio e quindi casual, qui la difficoltà, pur non creando una sfida impossibile, non è certo tarata verso il basso e capiterà più volte di dover ripetere diverse sezioni, senza però incorrere in eccessive frustrazioni grazie alla buona distribuzione dei check-point. L'altra faccia della medaglia di "Madness Returns" è, come detto, rappresentata dai combattimenti contro i vari nemici, la cui varietà estetica è garantita dalla porzione di Paese delle Meraviglie in cui ci si trova (se ne dovranno attraversare sei). Gli avversari saranno piuttosto coriacei, anche se alla fine riproporranno sempre gli stessi schemi di attacco (boss e mini-boss a parte), e la nostra Alice potrà contare su un arsenale di tutto rispetto: a sua disposizione avrà la Vorpal Blade (un affilatissimo coltello da cucina), ideale per attacchi veloci, ma deboli; un Cavalluccio che farà le veci del più lento, ma potente, martello; un Macinapepe e una Teiera, ovvero la mitragliatrice e il lanciagranate del Paese delle Meraviglie; delle bombe ad orologeria a forma di Bianconiglio, utili per risolvere alcuni semplici puzzle; e un Ombrello in grado di respingere gli attacchi nemici. Alla mancanza della parata fa da contraltare la capacità di Alice di trasformarsi in uno sciame di farfalle azzurre, evitando quindi gli attacchi nemici. Il ritmo dell'azione sarà piacevolmente spezzato, di tanto in tanto, da sezioni a scorrimento orizzontale o da piccoli puzzle ed enigmi ambientali. Nonostante il numero di azioni da compiere sia decisamente elevato, i controlli son ben posizionati e decisamente agevoli. Il vero problema del gioco è il fatto di non aggiungere niente di davvero nuovo al genere (eccezion fatta per la capacità di Alice di restringersi per passare attraverso piccoli pertugi o vedere piattaforme invisibili mentre è grande) e di avere inoltre una struttura fin troppo "vecchio stile" che impedisce di concatenare delle vere combo nei combattimenti (ce ne saranno giusto un paio) e di esplorare i vari scenari in tutte le direzioni a causa di fastidiosi muri invisibili. Nulla che alla fin fine vada a rovinare l'esperienza complessiva, ma un piccolo sforzo in più da questo punto di vista non avrebbe certo guastato. Sulla lunga si nota inoltre una certa ripetitività che potrebbe stancare alcuni prima di arrivare al finale.

Graficamente parlando, "Alice: Madness Returns" sfrutta l'ormai onnipresente Unreal Engine 3, mai non ai massimi livelli: infatti i personaggi di questa produzione, specie se paragonati a quelli di giochi che sfruttano lo stesso motore grafico, come "Batman: Arkham Asylum", soffrono di una certa "carenza poligonale" e alcune textures sono decisamente slavate (tranne su PC, dove la pulizia grafica è maggiore). Quello che rende questa nuova avventura di Alice veramente memorabile è lo stile horror-dark che connota il Paese delle Meraviglie e che, se all'inizio sarà poco accennato, man mano che si arriva al finale si farà sempre più ingombrante, caratterizzando ambientazioni (in particolare negli ultimi tre capitoli) e personaggi, come lo scheletrico Stregatto, carismatico come pochi, il meccanico Cappellaio Matto o ancora la tentacolata Regina di Cuori. Insomma, pur non vantando la qualità grafica di un "God of War" a caso, la ricerca stilistica soppesa benissimo le mancanze tecniche, restituendo un impatto visivo decisamente gradevole e disturbante al contempo.

Tirando le somme, "Alice: Madness Returns" è un ottimo prodotto che riesce a soddisfare sia chi ha giocato al primo episodio, sia chi invece si avvicina a questa saga e che riesce ad intrattenere grazie ad una storia avvincente e interessante da seguire (e che lascia spazio per un eventuale seguito), un gameplay non innovativo, ma mai frustrante e una caratterizzazione visiva di prim'ordine. A trattenerlo dall'arrivare all'eccellenza è una ripetitività che sulla lunga rischia di stancare, qualche piccola magagna tecnica, come textures caricate in ritardo, e un'Alice che, oltre ad incastrarsi di tanto in tanto nel fondale, poteva essere caratterizzata meglio, visto che, a conti fatti, sembra una ragazza normale. Quattro pallini sono comunque più che meritati gli amanti dei platform vecchio stile hanno ora la possibilità di aggiungere una nuova perla alla loro collezione.             

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