Rullatina di batteria, un basso in slap, un acido intro di chitarra, un cantante che inizia a biascicare parole prive di un senso intellegibile... chi non ricorda i crismi del sound di questa band? Breve ma intensa la stagione degli Spin Doctors.

Il loro album di debutto, "Pocket full of kryptonite", fu un clamoroso caso di sleeper: uscito in sordina alla fine del 1991, iniziò una scalata irresistibile che lo portò a fendere la moltitudine di album grunge che stazionavano in classifica all'epoca. Ciò fu possibile grazie a due singoli irresistibili che caratterizzarono quella stagione musicale, che nel mio caso coincide col ricordo delle prime feste liceali: "Little miss can't be wrong" e soprattutto "Two princes", forti di riff e melodie che si riallacciavano con astuzia al filone grunge più orecchiabile.
A parte questi due episodi il resto dell' album si snodava su coordinate che rievocavano il groove e la spiritualità di classiche band come Allman Brothers Band o Grateful Dead, fornendone in pratica una versione pop: con la differenza ovviamente che mentre quei gruppi erano geniali, gli Spin Doctors erano solamente molto gradevoli e in fondo anche ironici (indimenticabili le cuffie finto peruviane che indossava il cantante Chris Barron).

L'episodio che più si avvicina a quella sensibilità è certamente l'acida "Jimmy Olsen's Blues", pezzo da noi molto celebre in quanto accompagnava gli highlights delle partite di calcio in "Mai dire gol". Il mio pezzo preferito invece è la languida ballata "How could you want him when you know that you can have me", vivacizzata oltretutto dagli ottimi assoli di stampo southern rock del chitarrista Eric Schenkman. Una volta uscito lui dal gruppo, iniziò un calvario che non si è ancora interrotto, e ben lontano dalle luci della ribalta. Però in fondo ci fa piacere rievocare una bella pagina degli anni Novanta.

Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti!

 

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