Fulminarono la critica con l'omonimo album del 1994. Riproposero a metà degli anni '90 l'hard rock dei seventies, con chiare influenze stoner rock riprese dai maestri Kyuss. L'esordio fu un fulmine a ciel sereno, osannato dalla critica, ben accolto anche da una buona schiera di fans. Poi sono arrivati altri cd, chi più chi meno sempre positivi, tanto che gli Spiritual Beggars, sembravano essere uno dei nuovi punti fermi dell'hard rock europeo.

Eppure a tanti il nome Spiritual Beggars dice poco o nulla; molto più conosciuto è Michael Amott, fondatore della band e già membro di altre realtà ben più famose come Carnage, Arch Enemy e Carcass. La sua chitarra, la voce di Apollo Papathanasio (singer dei Firewind), nonchè Per Wiberg (membro degli Opeth) dietro le tastiere mi hanno convinto a procurarmi l'ultima uscita del combo svedese, pubblicata lo scorso 30 agosto 2010.

Conoscendo alcuni lavori precedenti della band, in particolare i primi due album, l'ascolto di Return to zero mi ha lasciato con una profonda sensazione di delusione. L'intraprendenza stoner del disco di debutto e di "Another way to shine" è quasi scomparsa del tutto per lasciar posto ad un hard rock più canonico, strettamente legato all'heavy metal più classico di matrice NWOBHM.

"Return to zero", settimo album degli Spiritual Beggars, pur rimanendo un cd che alla fine dei conti guadagna la sufficienza, non convince del tutto quelli che avevano amato un disco come "Ad astra". Michael Amott rimane fondamentale con la sua chitarra, così come imprescindibile appare Wiberg (molto più di quello che ci si aspetterebbe), ma la verve generale dell'album non è delle migliori: troppi brani suonano come riempitivi. La band da quasi l'impressione di non voler provare qualcosa di maggiormente complesso di quello che ci propone: pezzi quasi del tutto simili tra loro, fatta eccezzione per le diverse (e guarda caso migliori) "Spirit of the wind" e "The road less travelled".

I nomi per aspettarsi qualcosa di ottimo c'erano tutti, con Papathanasio che pur venedo da un genere come il power si adatta alla perfezione allo stile della band: il risultato finale è però pesantemente influenzato dalla mancanza di pathos e mordente. Gli Spiritual Beggars danno l'impressione di accontentarsi e la qualità del disco non ne beneficia di sicuro. I due brani sopra citati, insieme a pezzi come "The chaos of rebirth", "A new dawn rising" e "Dead weight" non bastano ad elevare l'asticella del giudizio oltre il limite della sufficienza. Una sufficienza che arriva stiracchiata, a fatica...

1. "Return To Zero" (0:52)
2. "Lost In Yesterday" (4:48)
3. "Star Born" (3:06)
4. "The Chaos Of Rebirth" (5:21)
5. "We Are Free" (3:24)
6. "Spirit Of The Wind" (5:51)
7. "Coming Home" (3:25)
8. "Concrete Horizon" (6:01)
9. "A New Dawn Rising" (4:42)
10. "Believe In Me" (6:40)
11. "Dead Weight" (4:51)
12. "The Road Less Travelled" (3:45)
13. "Time To Live" (4:14)

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