Dall'altra parte del mondo vive della gente strana. Li trovi su una grande isola, con usanze assai ambigue: vestono come pagliacci e stracciano il tempo.

È dalla Nuova Zelanda che provengono gli Split Enz, quella che è stata definita la più sottovalutata Rock Band del secolo.

Certo, sono stati forse uno dei pochi gruppi che hanno saputo interpretare appieno il concetto di new wave in tutte le sue sfumature: modellandosi e camuffandosi in un panorama musicale e sociale troppo avverso alle loro facce da schiaffi.

Non è bastato l'assolo di cucchiani di Noel Cromble (un percussionisti che evidentemente si era stancato di strumenti tradizionali), né tutta la grande esperienza pianistica di E. Rayner; a poco è valso il talento e lo stile di Tim Finn; gli Split Enz sono e rimangono una banda di straccioni perdenti.
Insomma, quei tipi di personaggi che se non fossero musicisti, magari li troveresti anche tu quasi simpatici; ma chiaramente odi e disprezzi per la scarnificazione da loro operata dei contesti e dei costumi del rockettaro medio e del genere musicale che costrui (il "rocker-med") ha abbracciato e difende con fanatismo (oggetto: i contesti ed i costumi).

Nel 1976 i pagliacci prendevano un aereo per il Vecchio Continente, ad incidere un disco per me già importante. Avrei potuto recensire il primo album, "Mental Notes", per presentare gli Splits al (grande?) pubblico; ma reputo che avremmo perso il sassofono tenore di Gillies, che fu di vitale importanza per riscaldare la maschera musicale di questo gruppone.
Ed inoltre sottolinierei il fatto che la vera pagliacciata, la pantomima di sè stessi e delle proprie ombre, si compiva nella sua completezza esattamente col secondo disco: con "Second Thoughts" nascono gli Split Enz.

Affascinati del rock progressivo ma leggero, dietro il trucco e le movenze assurde, costoro nascosero una straripante abilità nel tessere ed intrecciare tempo e ritmo di ogni singola canzone. Chiariamoci, gli Split sono dei battitori liberi: l'armonia è qualcosa di solo abbozzato. Niente raffinatezze di forma o riff portentosi. Abbiamo una chitarra pazza che fa un continuo andirivieni tonale, in delirio di onnipotenza; la voce nasale di Finn a rimbalzare con personalissimo fare da saltimbanco; il sassofono a massacrare l'universo come un treno. Il tutto retto su un prezioso pianoforte ragtime di inizio novecento, meraviglia nel suo genere per duttilità ed espressione. Ed è proprio il ragtime il punto forte dei kiwis: cambi di tempo esasperati, un collage di movimenti, gesti musicali e quasi-improvvisazioni ritmiche, dettati da leggi mentali forse precississime, forse del tutto affibbiate al caso.
E sapete, l'effetto complessivo lo trovo meraviglioso.

Questi neo-zelandesi, alla costante ricerca di faccie su cui stampare un sorriso, hanno saputo scavare all'interno dei profondi meandri del rock più grezzo ed infantile, per poi uscirsi dal cappello solo la prima delle future meraviglie. Il problema è che il genere non piace, nel complesso sono (sim)patetici, e poi, sembrano dei froci. E di sicuro sfigati. Brutti, appestati, e non sanno suonare insieme, fanno rumore, fanno casino, sono da buttare e sono proprio brutti brutti.

Signori miei, siate seri: se cercate il grande rock tragicomico (e fatelo senza pregiudizi di sorta), gli Split Enz '75-79 sono la vostra rispsota. Assieme a Frank Zappa e 10cc hanno cambiato un pezzettino delle regole del rock: hanno inserito il fattore "WEIRD".
Tutto questo, già dieci anni prima di quei pacchianissimi ottanta; in cui loro erano comunque in pista assieme ai Devo e gli Oingo Bongo.

Direi: se pensate che siano solo dei ragazzetti strani, venuti dall'isola degli scemi, con strane idee, che suonano per conto loro alla "pene del tuo cane" e che, casualmente, si sono imbattuti nelle note giuste, ebbene, ascoltatevi "Stranger Than Fiction" (che li descrive alla perfezione), poi decidete se non volete prendere lezioni di teoria musicale da loro.

Ah, e qualcuno sembra aver nascondo un mandolino da qua qualche parte...

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