Sarà che sono poco esperto in fatto di prog storico ma più ascolto gli Spock's Beard e più mi convinco che essi siano la migliore band progressive rock degli anni 90 e 2000 e comunque una delle migliori di sempre. Sono pazzo? Penso proprio di no! È solo questione di opinioni! E non mi pare il caso di criminalizzare delle semplici opinioni! Su di loro ho sentito muovere parecchie critiche che sinceramente a mio avviso stanno poco in piedi. Quella più frequente è quella secondo la quale essi sarebbero troppo derivativi. Sì è vero che devono buona parte delle loro strutture metriche e delle influenze al prog-rock settantiano ma queste vengono adattate ad un sound decisamente moderno che riesce a rispondere all'esigenze del mondo musicale odierno con melodie più pulite e orecchiabili (da notare come la voce di Neal sembri più pop di quella più teatrale dei vocalist delle band storiche). Saranno sicuramente derivativi ma non una copia tale e quale di quel prog.

Gli album che sono da ritenersi i capolavori assoluti del gruppo... sono indubbiamente quelli dell'epoca di Neal Morse; questo "Beware Of Darkness", secondo album, datato 1996. che esce un anno dopo il buon debut "The Light". Quest'album è sicuramente più maturo, sia alle melodie che alla componente tecnica viene dato più peso; risulta essere anche più vario e ogni canzone sembra comunicare qualcosa di diverso. Peccato che questo disco non venga mai citato fra i capolavori della band perché è un album dove le cose sembrano davvero fatte bene, non c'è una nota fuori posto, la perfezione stilistica non è inferiore ad album come "V" e "Snow". Sapranno ripetersi anche con i capolavori successivi "The Kindness Of Strangers", "Day For Night" e i gia citati "V" e "Snow"... Con la dipartita di Morse caleranno leggermente di tono ma gli album con Nick D'Virgilio come leader sono dei lavori sicuramente molto validi, anche perché apporteranno alla band un po' di innovazione che li distaccherà dal prog-rock più canonico portandoli anche verso altri confini.

Ritornando a descrivere questo splendido album, esso comincia con una cover. "Beware Of Darkness" è infatti un brano di Gorge Harrison datato 1970, dall'album "All Things Must Pass". Gli Spock's Beard ne creano una versione molto particolare in chiave progressive con alcuni riff originariamente non presenti. Non apprezzo l'idea di inserire delle cover in un album di inediti ma non è qualcosa di peccaminoso inserirne una. La traccia n° 2 è invece "Thought" brano dai ritmi particolari, con cambi di melodia frequenti anche se non particolarmente improvvisi, particolari tocchi jazzistici melodie stile comedy e pregevoli contrappunti ben intonati dai componenti del gruppo. Ed ecco quello che per me è il vero fiore all'occhiello del disco, la durevole "The Doorway"; introdotta molto bene dal pianoforte fa susseguire ritornelli orecchiabili scale di hammond che scorrono molto bene e melodie sempre toccanti. Pregevoli in questo brano sono la splendida parte strumentale che riprende la melodia iniziale con uno splendido unisono hammond-sintetizzatore, la bellissima e sofisticata parte di chitarra acustica nella parte centrale e i tocchi jazzistici di chitarra finale; forse è vero che si ripetono un po' le stesse melodie, ma ciò avviene con un approccio sempre diverso, tant'è che il brano si lascia ascoltare con piacere per tutti i suoi 11 minuti. Cosa dire della traccia successiva? "Chataqua", a parte il titolo impronunciabile è una deliziosa e complessa traccia strumentale di sola chitarra acustica, dal sapore vagamente blues e a tratti anche leggermente barocco. 2 minuti e 51 secondi è quanto basta per emozionare gli ascoltatori più delicati. Splendida anche "Walking On The Wind" introdotta molto bene dai bei giri di hammond che interverranno anche più avanti nel brano a cui seguono strofe scandite da un bel basso e da un delicato sintetizzatore. Bella anche la parte finale con buone atmosfere e un bell'assolo di chitarra.

"Waste Away" è invece l'episodio più orecchiabile del disco, un brano più semplice ma che non casca nella banalità che spesso è possibile incontrare in questo tipo di composizioni. Guidato da chitarra acustica e chitarra elettrica con leggeri tocchi tastieristici nel ritornello si rivela un brano fresco e vivace. E chiudiamo con la pregevole suite di 16 minuti "Time Has Come" ben introdotta dalle tastiere e da complessi riff di chitarra, poi cala il ritmo e assistiamo  a dei delicati tocchi chitarristici poi seguiti a ruota da gravi note di basso tocchi di hammond a far da cornice ad un ritmo jazz-oriented. Più avanti troveremo una bella parte di acustica e una bella parte strumentale dove piacevoli sono i giri di sintetizzatore e hammond che operano in stretta sintonia.

Ne vale davvero la pena di ascoltare quest'album; lo dedico a chi ama la musica suonata come dio comanda e a chi non ama la superficialità delle cose.

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