Sicuramente non si parlerà molto in giro del nuovo album degli Spoon ed un perché è inspiegabile. Ma di certo non rimarrà solo nei lettori dei tre-quattro seguaci di vecchia data, perché il centro del bersaglio, se non lo raggiunge, lo sfiora.
"Transference" dimostra infatti quanta genialità ed efficacia ci sia nella mente dei quattro ragazzi di Austin, che continuano a mischiare il pop-rock più classico ad un stile espressivo quasi innovativo. Qui, però, i Nostri lasciano da parte, ma non del tutto, la rotondità delle canzoni, puntando a raggiungere momenti più spigolosi, a volte anche con ampi reparti strumentali. Vi sembrerà strano non apprezzare sin da subito i brani dell'album, ma dopo un paio di ascolti sarà impossibile non gustare "pezzi forti" come "The Mistery Zone", dove il basso raggiunge un groove non da poco; o anche momenti più soft come "You Makes Your Money"; tranquilli, non mancano nemmeno le mezze hit: prendete la schizzinosa "Written In Reverse", un po' dolce ed un po' cattiva e graffiante; altre hit sono senza dubbio "Out Go The Lights", che suonerebbe benissimo per i Wilco, o anche "Got Nuffin" col suo post-punk incisivo e tagliente. Insomma c'è un po' di tutto: dalle chitarre nervose alle tastiere sempre pronte a metterci lo zampino (creando, quest'ultime, addirittura una ballata morbidissima in "Goodnight Laura"). Il tutto accompagnato da sterzate di ritmo quasi perenni.
Britt Daniel ha parlato di tale lavoro come il loro più cattivo, ma non nel senso di durezza del sound, bensì nel senso di uno svio musicale continuo, dove sviare sta per portare l'ascoltatore lontano da dove immagina. Qui il pop diventa un sbronzo e sfacciato; pop che va a braccetto con la voglia, nello stesso tempo, di fare del buon rock. E forse è proprio questa la formula grazie alla quale gli Spoon raggiungono un groove con l'ascoltatore davvero eccellente, merito anche di un lavoro di studio accurato e certosino. Inutile dire, gli Spoon si esercitano di più in questo "Transference".
Si va così da un pop non melodico a suggestioni pseudo-blues, con la costante di un alt-rock à la Wilco o à la dEUS.
"Transference" è l'album del fascino, quel fascino che lo scopri pian piano. E che alla fine non ti delude.
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