Le componenti in base alle quali si valuta un "Final Fantasy" sono ormai note e risapute: trama, personaggi, grafica, ambientazioni, sistema di battaglia, meccanismi di potenziamento e missioni secondarie: la somma delle valutazioni dei singoli parametri fornisce la valutazione del prodotto finale. Sebbene "Final Fantasy VIII" per ragioni squisitamente affettive rimarrà sempre il mio capitolo preferito, non mi ha mai trasmesso la sensazione di cura dei dettagli fin nei minimi particolari fino a rasentare la perfezione che si percepisce fin dal filmato iniziale di questo "Final Fantasy XII" del 2006, comprato un po' per gioco e un po' per scommessa dopo anni di totale astinenza videoludica.
Lo scenario degli eventi narrati in "FFXII" è Ivalice, un mondo disegnato con tinte né troppo retrò né futuristiche in cui, accanto a continenti fluttuanti e antiche rovine abitate da esseri immortali si trovano città e locazioni naturali delle varietà più disparate, tutte paesaggisticamente verosimili e tratteggiate con una cura dei particolari che rasenta il maniacale, grazie anche ad una grafica assolutamente superba. In questo perfetto scenario si dipana una trama imperniata sul dualismo tra sete di vendetta e desiderio di giustizia, che metterà padri contro figli e fratelli contro fratelli, fino a risolversi in un lieto fine a cui però arrivano ben pochi personaggi della storia rispetto a quelli coinvolti originariamente.
A nobilitare una storyline già di per sé eccellente ci pensa un cast di personaggi di assoluto spessore doppiati in maniera eccellente, in primis Ashe, affascinante e combattiva principessa caduta in disgrazia nonché vera protagonista della storia con la sua missione e i non facili dilemmi e interrogativi che si troverà ad affrontare per riconquistare il suo regno perduto e Balthier, carismatico cacciatore di tesori molto più altruista ed emotivamente coinvolto negli eventi del gioco di quanto possa far credere il suo contegno ironico e distaccato, ma anche i personaggi più marginali si rivelano ricchi di personalità e storie da raccontare: da Reddas, che arriva a sacrificare la sua stessa vita per impedire che si ripetano tragedie di cui lui stesso era stato responsabile al giovane, ostinato ed idealista principe Larsa, che fino alla fine tenterà di trovare una soluzione pacifica ai conflitti di Ivalice passando per il vanaglorioso giudice Ghis, vittima di una superficialità che gli costerà la vita proprio nel momento in cui sembrava destinato a diventare il principale antagonista del gioco.
Pur se degna di un kolossal cinematografico, un videogioco non vive di sola trama, e neanche qui "Final Fantasy XII" mostra punti deboli: il sistema di potenziamento dei personaggi è facile da imparare e consente molteplici personalizzazioni diverse, e il sistema di battaglia in tempo reale con azioni predefinite impostabili per ogni personaggio stimola l'acume e le capacità strategiche del videogiocatore, rivelandosi decisamente più adrenalinico e coinvolgente rispetto agli a volte seccanti incontri casuali che caratterizzavano i precedenti FF, ma la vera marcia in più di "Final Fantasy XII" sta nel fatto che si tratta di un gioco estremamente longevo e soprattutto stimolante, che ti spinge a migliorarti sempre e sconfiggere nemici facoltativi di volta in volta più potenti per arrivare al rango di Pantheon d'Ambrosia, suggello del totale completamento dell'opera, il cui raggiungimento diventa un vero e proprio punto d'onore nonché motivo di assoluta soddisfazione e orgoglio una volta conseguito l'obiettivo; stimolo di fondamentale importanza che, ad esempio, manca nel mio adorato "FFVIII".
Seppur rasenti la perfezione, neanche "Final Fantast XII" tuttavia è in grado di raggiungerla: la colonna sonora è a tratti già sentita e comunque inferiore come appeal rispetto a quella del capitoli precedenti, il Chocobo, arcinoto animale totemico di FF svolge un ruolo del tutto marginale così come le mitiche invocazioni, tanto appariscenti e stilisticamente e concettualmente perfette (ognuna di esse è associata a un diverso segno zodiacale e rappresentano una piacevole novità rispetto ai soliti Shiva, Ifrit e Bahamut) quanto del tutto inutili se non addirittura dannose in battaglia e soprattutto riuscire ad ottenere alcune delle armi e degli equipaggiamenti più potenti è una questione dipendente da un solo ed unico fattore (culo) e in caso di carenza del sopraccitato diventa un'impresa frustrante se non ai limiti dell'umana sopportazione ma sono difetti tutto sommato marginali e di natura squisitamente stilistica rispetto ai pregi di un videogioco semplicemente superbo: molto meno "sentimentale" dell'VIII, più adulto del IX, meno intricato e confusionario del X e semplicemente un grandissimo Final Fantasy che ridà lustro ad una saga appesantita da miriadi di sottogiochi derivati tutt'altro che essenziali e, peggio ancora, varianti disneyiane da voltastomaco (qualcuno ha detto Kingdom Hearts?) ma, annotazioni polemiche a parte, complimenti vivissimi alla Square Enix per questo "Final Fantasy XII" in attesa, magari tra un paio di annetti, di sgraffignare una PS3 a prezzo stracciato a gustarmi in tutta calma il tredicesimo capitolo.
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