Per capire la differenza che passa tra Kingdom Hearts e il suo seguito basta giocare ad entrambi per meno di un'ora, fino al primo boss del tutorial. Nel primo videogame vediamo Sora, il protagonista di entrambi i giochi, combattere una gigantesca ombra che lo squadra minacciosa e che, al termine della lotta, si scioglie inghiottendolo e svegliandolo da un sogno abbastanza inquietante.
In Kingdom Hearts 2 la situazione si ripete pressoché identica: Roxas, il personaggio che controlliamo durante il tutorial, si ritrova nello stesso scenario irreale a combattere contro un nemico che lo sovrasta e che al termine del combattimento cade su di lui. Uno scenario già visto, ma qualcosa è cambiato: il combattimento che avviene nel nuovo capitolo si svolge in un atmosfera caotica tra schivate velocissime e Quick-Time events spettacolari.
Quello che Kingdom Hearts 2 perde rispetto al suo precedente capitolo in termini di atmosfera, cerca di recuperarlo in spettacolarità, effetti speciali e acrobazie.
E direi anche che entro certi limiti ci riesce. In questo gioco succede veramente di tutto: persone che scalano grattacieli correndo, astronavi che esplodono, combattimenti con due spade, piogge di meteore. I personaggi risultano più teatrali, ricavando ciascuno un momento in cui mettere in mostra le proprie abilità, soprattutto i nemici dell'Organizzazione XIII che riescono a trasformare qualunque cosa in un'arma. Per più di una volta ci verrà chiesto di fronteggiare da soli centinaia (e non scherzo) di nemici. Tutte cose che era impossibile trovare nel primo Kingdom Hearts, e che riescono comunque a non sconfinare nella difficoltà o nella noia.
Ma andiamo più nel dettaglio: il maggior miglioramento riscontrabile dal primo episodio è il gameplay, già nel primo capitolo eccellente mix di azione in tempo reale e RPG. Tutte le acrobazie che ho appena menzionato vengono eseguite utilizzando il triangolo per attivare un "comando di reazione", che farà eseguire al protagonista una mossa particolare o darà inizio ad un Quick-TIme event. Utilizzarli, in genere, non è complicato (eccetto che contro certi nemici e boss), perché compariranno durante delle animazioni degli avversari e saranno ben visibili sullo schermo e inoltre da soli contribuiscono ad un buon 50% della spettacolarità di cui parlavo. Risultano anche abbastanza divertenti, in fondo.
Il sistema per lanciare magie è stato molto migliorato, ed è più facile usare queste ultime e integrarle nei combattimenti. Alcune abilità che nel primo capitolo venivano determinate dalla scelta dell'arma iniziale, vengono ora assegnate automaticamente dopo aver terminato alcuni combattimenti. Questo rende il gioco molto più bilanciato rispetto al primo capitolo, in cui una scelta sbagliata nei primi due minuti poteva portare ad non imparare abilità utili prima del livello 40-50 (ad esempio Iperguardia, che in tutti i Kingdom Hearts che verranno sarà assegnata a ragione all'inizio del gioco); inoltre, questo sistema mette a disposizione del giocatore alcuni attacchi ad area già da prima di metà gioco.
Ad aumentare ancor di più le acrobazie disponibili sono state aggiunte le fusioni, ovvero la possibilità di sacrificare un compagno per ottenere determinati potenziamenti, come attacchi a due mani, attacchi più ampi, fluttuare. In generale il loro uso può davvero ribaltare un combattimento, ma soffrono il fatto che la barra che deve essere riempita per poterle utilizzare sia usata anche per le evocazioni, oltre ad essere piuttosto lenta a caricarsi. Il che è un peccato perchè, considerato il fatto che il loro uso permette di sbloccare alcune abilità proprie della fusione anche quando questa non è attiva, qualsiasi giocatore le avrebbe usate di più piuttosto che riservarle a delle situazioni particolari.
Dal punto di vista della storia e dell'ambientazione rimaniamo sempre su livelli alti. Qui Sora, rimasto in animazione sospesa a seguito degli eventi avvenuti in Chains Of Memories, si sveglia e ricomincia a viaggiare per i mondi con lo scopo di sconfiggere l'Organizzazione XIII, un gruppo di Nessuno (i quali, verrà spiegato, non sono altro che gli involucri rimasti vuoti di coloro a cui gli Heartless hanno rubato il cuore) che cerca di costruire una copia di Kingdom Hearts per conquistarne il potere. La trama, niente affatto scontata, viene rivelata al giocatore poco a poco, a volte con colpi di scena improvvisi, riuscendo a coinvolgere il giocatore.
Non tutto è rose e fiori però: comincia qui la tendenza, da parte degli sceneggiatori, di ignorare i particolari e le leggi dei precedenti capitoli a loro arbitrio, anche se per ora, quantomeno, provano a dare una spiegazione. Ad esempio le avventure di Sora nel primo capitolo avrebbero dovuto far scomparire gli Heartless e impedire il viaggio tra i mondi. Però nel secondo capitolo gli Heartless esistono ancora perché "sono l'oscurità nei cuori degli uomini, quindi esisteranno sempre", e il viaggio tra i mondi è permesso da speciali corridoi fatti apposta per chi possiede il Keyblade, mentre l'Organizzazione ci riesce con delle specie di buchi neri portatili, su cui poca o nessuna spiegazione viene data. Forse non sono l'unico a pensare che avrebbero potuto offrire ragioni migliori per questi piccoli buchi nella trama, che tuttavia non la rovinano, quantomeno per quelli che non hanno giocato con attenzione al primo Kingdom Hearts (contrariamente a quanto succederà con i seguenti capitoli della saga). A questo proposito, si sarebbe anche potuto non far dipendere così tanto certe parti della storia da quello che è successo in Chains Of Memories, un capitolo secondario, quasi uno spin-off, che non tutti avevano giocato (io per esempio ho dovuto chiedere alcuni particolari a degli amici).
La storia principale, come nel primo capitolo, dovrebbe offrire al giocatore un pretesto per girare i vari mondi (leggi "livelli"), ognuno con una storia a sé stante proveniente dai lungometraggi Disney o dalla serie Final Fantasy. I mondi visitabili non sono di più rispetto a quelli di Kingdom Hearts, ma ciascuno di essi dovrà essere visitato più volte per poter completare il gioco, scontrandosi ogni volta con nemici più forti. Questa scelta allunga di molto la longevità del titolo senza fargli perdere di freschezza. Infatti, se nella prima metà del videogioco la storia dei mondi Disney cercava di seguire il più possibile la storia dell'omologo film, nella seconda metà questa tendenza diminuisce, tornando a mischiare i personaggi della nostra infanzia con un universo a loro alieno. Inoltre, quasi ogni mondo presenta al suo interno qualche mini-game in cui i giocatori potrebbero volersi confrontare. Tra queste, spiccano le sequenze di volo con la Gummyship, su cui si potrebbero passare ore. L'unico errore davvero madornale nella creazione dei livelli è aver trasformato Atlantica (il mondo de "La Sirenetta", uno dei più belli del primo capitolo), in un gigantesto minigioco Quick-Time Event in cui tutti cantano e ballano, per di più nascondendovi al termine uno degli oggetti necessari a costruire l'arma più forte del gioco: forse influenzato dal coevo successo del musical Disneyano "High School Musical", rimane una sezione aliena al gioco che pochi compiranno (e con poca voglia) e che non ha in nessun modo allargato il pubblico della serie. Ha almeno la decenza di essere opzionale.
Quello a cui ci troviamo di fronte è in ogni caso uno dei videogiochi più riusciti di due compagnie di certo non abituate alla serialità, in cui sia un fan che un neofita possono riuscire a divertirsi, senza poter dire alla fine di aver giocato ad un brutto videogioco. L'atmosfera oscura e apocalittica si dirada, ma ne guadagna il pathos dei combattimenti e un generale senso di epicità. Forse l'ultimo Kingdom Hearts a cui valga la pena di giocare, anche se non si è fan.
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