Ormai sono passati già dieci anni dall'uscita di questo immenso capolavoro.

Per chi lo conosce "Vagrant Story" è un culto, un gioco capace di offrire un'esperienza talmente immersiva e coinvolgente da essere indimenticabile. E questo accade in un panorama, quello videoludico, in cui la velocità con la quale i titoli, le idee stesse, diventano obsolete, è altissima.

Chiaramente vederlo oggi, a livello grafico, fa molto retro-gaming, ma, sebbene i nostri occhi non siano più abituati alla sferzante nettezza dei poligoni, il design estetico, ambientale, l'intera direzione artistica, sono immediatamente riconoscibili, nella loro eccellenza.

Questo titolo entra a pieno diritto fra i grandi dei jrpg di tutti i tempi, e certamente è uno dei maggiori successi artistici della vecchia Squaresoft.
Si parla di un'epoca ormai tramontata, in cui i giochi erano concepiti forse per un target differente, forse con ambizioni differenti.

Ora l'unico titolo che si avvicina a "Vagrant", in quanto a impostazione e ideazione, è "Demon's souls". Tutto il resto naviga nel panorama sconfortante della mediocrità, della faciloneria, del consumismo artistico più sfrenato.

Per cui ben venga un pò di retro-gaming, e la ripubblicazione di Vagrant sul PlayStation network per PlayStation 3. Forse l'attenzione verso un certo tipo di prodotti farà si che le case produttrici virino leggermente in favore della qualità, e non solo della grafica e della spettacolarità in stile copia digitale di Hollywood.

Quel che in ogni caso resta è l'essenza stessa della passione applicata al videogame. "Vagrant Story" è un gioco ibrido, un dungeon crawl in bilico fra jrpg e action.
Jrpg nella concezione narrativa e nelle dinamiche fra i personaggi, action nelle modalità di esplorazione e interazione, basate sul controllo del protagonista, sullo stile di combattimento (unico e geniale).

Impossibile delineare uno a uno gli elementi che concorrono a rendere unico questo titolo. Bisogna provarlo sulla propria pelle, e immergersi nella sua atmosfera persa nel tempo, e nello spazio.
Attraversare lo specchio, e capire quanta profondità ci sia, dietro la piattezza dei vecchi poligoni.

Aspettare di avere il tempo per una partita, pensarci durante il lavoro, al proprio personaggio, ai level up, ai nemici che ci aspettano, alle strategie per superare un ostacolo imprevisto.
Forse può sembrare un discorso troppo da nerd, ma esperienze simili fanno comunque parte della vita artistica, della sfera estetica della nostra socità, e, viene da dire, meglio queste che molte altre...
Enjoy.

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