Per parlare degli Squid, band di Brighton che ha pubblicato il suo album di debutto quest'anno, ho deciso di introdurre la recensione con un breve e sommario percorso cronologico delle tre diverse ondate post-punk che hanno investito il mondo della musica rock a cadenza ciclica, a partire dalla fine degli '70.
Il Post-Punk è forse l’unico genere musicale che, prima a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80, e poi a cavallo tra un millennio e l’altro, è riuscito a mostrare una longevità che travalica il semplice revival, rivelandosi come un vero e proprio tentativo di cercare di dare nuovo lustro alla musica rock mainstream nella sua forma più sperimentale, melodica e contemporanea. La prima ondata ha avuto come protagoniste alcune delle band più radicali della loro epoca. Tra tutte citerei i Wire, i PIL e i This Heat come esempi di gruppi che sono riusciti con anni e anni di anticipo a precorrere le direzioni future della musica rock, influenzando centinaia e centinaia di gruppi che ancora oggi, nel 2021, osservano l'esempio delle suddette band con infinita riverenza. Interpol e The Strokes, protagonisti della seconda ondata post-punk, riproponendo le sonorità dei classici di fine anni ‘70 sono riusciti in qualche modo a definire con estrema chiarezza l’indirizzo rock del nuovo millennio e a imporsi nella cultura pop dell'epoca con risultati artistici di grande profilo. Poi, per il genere, il vuoto. A partire dagli anni ‘10 l’hip-hop è diventato immediatamente il genere di riferimento del mainstream a livello internazionale, raggiungendo una maturità e una visibilità grazie ad album come To Pimp a Butterfly di Kendrick Lamar, vero e proprio instant classic, e Atrocity Exhibition di Danny Brown. E su Atrocity Exhibition sarebbe bene aprire una piccola parentesi. L’album ci presenta un approccio al campionamento musicale estremamente avventuroso, ed è un approccio che lo accomuna a quel desiderio intellettualistico e spiazzante che contraddistingueva le band della prima ondata post-punk. Non per niente, lo stesso titolo dell’album, cita apertamente il brano capolavoro che apre Closer dei Joy Division. Ma torniamo al rock. Verso la metà dei primi anni ‘10 si impongono sul panorama musicale alcune band post-punk che conquisteranno, sul finire del decennio, una fortuna critica miracolosa: gli Idles, i Parquet Courts, e i Protomartyr. E ancora, in Gran Bretagna, uno sparuto gruppo di band si impone sul panorama internazionale come portabandiera del nuovo rock: i Black Midi con l’album di debutto Of Schlagenheim; i Black Country New Road con For the First Time; gli Squid con Bright Green Field. Tutte e tre le band, spesso, si ritrovano a suonare al Windmill di Brixton, un locale di musica live londinese, e, soventemente, vengono identificate dalla critica musicale come gruppi di musica post-punk quando in realtà tendono ad un eclettismo che rende difficile incasellarli in un preciso genere musicale. I Black Midi hanno un occhio di riguardo verso gli Slint, i King Crimson e la Mahavishnu Orchestra; i BCNR, invece, oltre agli Slint, contaminano il loro sound con il Post-Rock dei Godspeed e il Klezmer; poi gli Squid, più radicati nel genere Post-Punk, guardano con estrema ammirazione la nevrosi byrniana e il krautrock sperimentale dei Can. Questa panoramica può servirci a capire bene, come e perché, la critica internazionale sia arrivata a definire Bright Green Field come l'album di debutto più folgorante e interessante di questo 2021, alfiere di questa nuova ondata post-punk che proviene dalla Gran Bretagna.
Gli Squid, dopo aver provocato un gran levar di voci intorno al loro nome con la pubblicazione del singolo Houseplants e con l’ottimo EP Town Centre, firmano per la Warp Records e pubblicano uno dei dischi più attesi dell’anno, Bright Green Field. Una figura umana attraversata da un paesaggio di grattacieli giace su un prato illuminato dal sole. Questo è quello che la copertina ci mostra. E coerentemente con l'aspetto visivo apertamente metaforico, l’album è contrassegnato da testi che ci offrono una lettura anti-capitalista imperniata attorno al ruolo dell'uomo nel mondo post-globalizzato. L’album è contrassegnato da una versatilità musicale sfrenata, si passa dai Talking Heads ai Can e dai Radiohead agli Swans nel giro di pochi secondi. Questa curiosa alchimia musicale è meglio rappresentata da quello che è forse il brano cardine dell’album e sintesi dell’identità musicale degli Squid, Narrator: uno dei pezzi "rock" più belli dell’anno. La particolarità, ed elemento forse più ostico dell’eterogeneo sound degli Squid, è la voce di Ollie Judge, batterista e vocalist della band. Il cantato richiama sia a Byrne sia a James Murphy, ma molto più sopra le righe e decisamente nevrastenico. Eppure, questa voce così caratterizzante che a primo impatto potrebbe risultare sgradevole, dopo qualche ascolto si rivela come complementare alla poliedricità della proposta e inscindibile dalla parte strumentale. Boy Racers, che si presenta inizialmente come il pezzo più debole dell’intero album, spiazza improvvisamente l’ascoltatore nella sua seconda metà, approdando in lidi drone e ambient abbastanza desueti ma perfettamente compiuti. L’album termina con Phamplets, un lungo brano che si evolve in una catartica coda strumentale che ci fa concludere questo viaggio, immerso nel verde della copertina, estremamente galvanizzati.
Bright Green Field è figlio della contemporaneità, ed è un tentativo – se non di decifrarla – di offrirci degli strumenti per interpretarla e cercare di comprenderla. Siamo giunti ormai a una fase in cui questa complessità in cui siamo costretti a immergerci giorno e notte inizia a riflettersi anche nella proposta musicale delle generazioni di ragazzi cresciute in questo mondo sfuggente e incomprensibile, presentandoci una fusione di generi e influenze che solo un ventennio prima erano impensabili. Siamo arrivati alla fine di quel processo, e iniziamo a trovarci di fronte un’offerta musicale stratificata, come un pout-pourri di algoritmi che ci suggeriscono cosa ascoltare in base alle nostre preferenze. È una visione affascinante per l’evoluzione della musica, che ormai sembra quasi trascendere i generi di riferimento per mostrarci un insieme eterogeneo di continenti musicali senza più frontiere.
In conclusione la proposta musicale degli Squid non brilla per originalità, ma l’estrema consistenza musicale, le prodezze compositive e la grande bravura degli esecutori, rendono l’album una delle migliori uscite dell’anno e uno degli album post-(punk?) più interessanti degli ultimi anni. Curioso sarà seguire l'evoluzione di questa band, così come quella degli altri gruppi che da un paio di anni a questa parte stanno cercando di offrirci una prospettiva musicale meno stantia che sappia rappresentare quanto più possibile l'epoca che ci troviamo ad abitare.
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