Giorni fa stavo riflettendo. Riflettendo su certa gente che riteneva (e tuttora ritiene), senza se e senza ma, gli anni '80 "maledettissimi", in senso negativo. Onestamente, per chi ha un minimo di raziocinio, una sparata di questo tipo non può che essere falsa e assolutamente lontana da quel che tale decennio ha dato. Io faccio parte di quella categoria di persone che vede negli anni '80 un periodo non compreso a sufficienza. Un periodo che ha dato tante belle cose, anche in fatto di pop.

E proprio di pop vado a parlare. Era un'epoca in cui nelle classifiche c'era un quasi perfetto equilibrio tra qualità e quantità di dischi venduti. Penso a "La Voce Del Padrone" di Franco Battiato, forse anche a "So" di Peter Gabriel (anche se non è propriamente pop)... e penso anche agli Stadio.

Sì, gli Stadio, ovvero una delle band più significative di quell'epoca. La voce maestosa di Gaetano Curreri, la chitarra di Ricky Portera, gli arrangiamenti di Fabio Liberatori, e l'abilità dietro le pelli di Giovanni Pezzoli (oggi unico membro rimanente della band assieme a Curreri), sono sicuramente i fattori che rendono una band come questa unica nel suo genere.

E, dopo un buon disco omonimo targato 1982, è nel 1984 che ricevono la loro definitiva "consacrazione" con questo "La Faccia Delle Donne".

Disco caratterizzato da sapienti collaborazioni con artisti quali Luca Carboni, Lucio Dalla, Ron e addirittura l'ancora valido (ai tempi) Vasco Rossi. Proprio quest'ultimo contribuisce due volte: dapprima firma quella che forse è una delle loro migliori canzoni: "Acqua e Sapone". Ritratto di quella Natasha Hovey di cui il nostro Carlo Verdone era innamorato nell'omonimo film, secondo regalo a tale personaggio dopo "Chi Te L'Ha Detto?" finita precedentemente all'interno di "Borotalco"; per poi duettare con lo stesso Curreri all'interno della simpaticissima titletrack, una panoramica di tutti i tipi di facce che possono avere le donne.

Non manca la malinconia ("Dentro Le Scarpe", "C'è", "Non Sai Cos'è"), la rabbia ("Ti Senti Sola"), l'erotismo visto dal suo lato più comico ("Porno In TV", anch'essa caratterizzata da un Liberatori al massimo della forma) e un'incursione ben riuscita a Sanremo ("Allo Stadio").

"La Faccia Delle Donne" rappresenta sicuramente il punto più alto della carriera degli Stadio, pur non essendo comunque esenti dall'aver fatto altri ottimi dischi ("Canzoni Alla Radio", "Siamo Tutti Elefanti Inventati", "Stabiliamo Un Contatto").

Oggi sono dei bravi artigiani, e Curreri quando vuole scrive ancora belle canzoni, ma un disco come questo non dovrebbe mai finire nel dimenticatoio.

E se qualcuno volesse farlo finire lì, bisognerebbe correre con lo scopo di recuperarlo il prima possibile, ripulire la polvere accumulatasi nella custodia del cd (o nella superficie del vinile) e tenersi quell'opera come un ricordo di quel pop bello, mai noioso, orecchiabile e vero allo stesso tempo.

E mentre penso ciò, guardo i mass media odierni, che hanno il coraggio di definire disco del 2008 il quasi pessimo "Safari" di Jovanotti, e guardo la top 3 nostrana delle classifiche, comprendente Pausini, Ferreri e Grandi. Non posso che vergognarmi e dire a me stesso che il pop anni '80 come quello degli Stadio era e rimarrà storia della musica, non roba usa e getta.

E questo è un dato oggettivo, per un disco senza tempo come questo.

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