Qualche giorno fa, vagando su YouTube col mio televisore smart ho incocciato in un concerto di questo trio norvegese, evento recente giacché i musicisti erano piuttosto incanutiti, quand’anche in buona forma. La suggestione veniva dal fatto che stavano suonando nel loro paese, di “sera” (col sole) e in riva a un fiordo non lontano da Capo Nord! Con le cime dei monti intorno ancor striate di neve in piena estate, e la gente presente più o meno infagottata con giacche a vento. La piacevole situazione mi spinge ora a riesumare il loro migliore album, uscito nel 1991 come quarto di una discografia che sinora si è spinta fino all’ottavo disco.

Siamo al cospetto di un esemplare prodotto di hard rock melodico, particolarmente rilucente nella prima facciata; del genere minimalista… ovvero poche cose (un riff, un ritornello, un giro di basso…) ma tutte estremamente centrate, funzionali, accessibili e trascinanti. Quel tipo di magia e di giustezza raggiunte da realtà musicali, tutte diverse fra loro ma accomunate da questa “sobrietà tematica”, come Dire Straits, Ac-Dc, J.J. Cale, Police…

Qui siamo in un contesto più “romantico” (specie nei testi, banalmente amorosi) ma la classe e il gusto nel proporre l’ennesima convincente versione di accessibile rock’n’roll anglo americano si avvwertono copiosamente in queste canzoni un po’ hard, un tantino pop, un goccetto blues, nelle quali traspaiono passione e competenza. Il leader (compositore, cantante, chitarrista) Torstein Flackne sa il fatto suo; potrebbe atteggiarsi assai di più con assoli e lungaggini ma preferisce creare canzoni puntigliosamente melodiche, cantarle con una voce poco potente ma intensa, suonarle benissimo con un gran tocco sulle sei corde.

Dal punto di vista tecnico, quest’opera risulta essere un vero tutorial riguardo le virtù del processore per chitarra Rockman, un amplificatore/effetto analogico escogitato dal geniale Tom Scholz (leader dei Boston) negli anni ottanta. In particolare il suo suono brevettato “Clean1”, una faccenda di complessi circuiti di compressione, equalizzazione spinta, modulazione di fase (chorus) capace di generare un suono nitidissimo e ricco, in grado di “bucare”nel mix come nessun altro. Il disco è pervaso da cima a fondo di questi suoni di chitarra puliti ma allo stesso tempo elaboratissimi e incalzanti, con quel caratteristico “scavo” clamoroso nei toni medi e la peculiare, morbida ma dinamica azione di sostegno del compressore.

Le canzoni più riuscite sono l’iniziale “Stand by You”, la successiva “Life in America”, le semi ballate “Love Don’t Bother Me” e “Sorry (Is All I Can Say)”, quest’ultima un po’ il simbolo del gruppo, grazie alla sua dolente, indelebile melodia. Il buon Flakne dal nome vichingo che significa Pietra del Tuono è uno dei tanti musicisti figli di un dio minore che amo tenere in alta considerazione nel mio personale tempio della buona musica: troppo bravo.

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