Se non fosse per utenti qualunquisti come moi DeBaser sarebbe nient’altro che l’ospizio di ondarock, dove ex-hippie e metallari cresciuti troppo recensiscono dischi progressive vecchi di minimo 30 anni, oltre ad essere invasa da fake che recensiscono kylie minghioug e affini. Sono un salvatore? No, e ve lo dimostro rifilandovi la recensione del dozzilionesimo gruppo pop-rock albionico.
La bellezza di alcuni dischi sta a noi scovarla. Nel caso degli Standard Fare è ben celata dietro la leggerezza degli arrangiamenti e l’immediatezza delle melodie, tanto basta a regalare al loro sound più detrattori che altro. Eppure in questo secondo album di bellezza ce n’è, ben dosata in un miscuglio di stili diversi: il pop-punk fa da filo conduttore incuneandosi in composizioniche vanno da quelle prettamente melodiche (“The Look Of Lust”, “Darth Vader”) a ballate folk (“Half Sister”) passando per incursioni dal sapore ska (“Dead Future”) e surf (“Crystal Palatial”).
Sound affine a quello di band come Los Campesinos! o Maccabees, tipicamente british, il pop-rock degli Standard Fare è piacevole e giocoso, spiccatamente propenso a farci affiorare un sorriso, in quest’inizio d’estate un po’ strambo. Il tocco finale è dato dalla personalità della frontman Emma Kupa e dai testi pungenti e mai frivoli, ascoltate il gioiellino del disco “Older Women” ad esempio.
Uomo avvisato, mezzo incaprettato.
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