Facile riempirsi la bocca di parole come patria, onore, gloria, fedeltà, lealtà, rispetto.
Troppo facile per chi muove i fili decidere strategie, intrattenere rapporti con l'opinione pubblica dicendo che tutto va bene, che la guerra la si sta vincendo su tutti i fronti, che le vittime sono contenute ed in numero preventivato, che le loro vite ne salveranno altre, e via dicendo.
La suddivisione dei compiti e delle gerarchie in ambito militare, molto spesso, rispecchia fedelmente una preordinata distinzione sociale, con pochi uomini che decidono cosa fare della moltitudine formata per la stragrande maggioranza di uomini reclutati tra i la povera gente nelle periferie, ossia quelli che Charlie Sheen in "Platoon" chiamava il cuore dell'America. Ufficiali pieni di spocchia e mossi soltanto dalle loro ambizioni, che sono sempre pronti ad usare la dietrologia della fedeltà alla bandiera per sacrificare i propri uomini sull'altare della propria gloria personale. Tutto questo dal tepore e dalla comodità delle loro ricche stanze di comando.
"Orizzonti di gloria" è un grande film in cui vengono aspramente messe sotto accusa le consuete logiche militari che non tengono minimamente conto della inviolabilità di ogni singola vita umana e dei sentimenti dei soldati al fronte. Non importa se un ordine dato è oggettivamente impossibile, sul piatto della bilancia quell'ordine vale molto di più dell'esistenza di tutto il reggimento.
Nell'opera di Kubrick non c'è un nemico visibile sottoforma di esercito straniero, la vera guerra è combattuta all'interno dell'esercito amico che non prova alcun amore e rispetto per quei loro figli che non eseguono con successo i comandi loro imposti. Per questi non vi può essere che la messa a morte per infedeltà e tradimento. Dax (interpretato da un sontuoso Kirk Douglas), colonnello del 71° reggimento, incarna il buon senso e l'umanità che cerca di ostacolare l'ingiustizia di questa prassi bellica consolidata nei secoli. Ma, seppur rappresentando la moltitudine dei soldati che combattono e muoiono nelle trincee, egli è un uomo solo.
La fedeltà e l'onore valgono molto di più della vita di un figlio della patria. La fedeltà e l'onore devono prevalere anche se si deve giustiziare un infermo. Se mi si permette una piccola considerazione personale, questo, secondo me, rappresenta uno degli apici della bestialità di cui si macchia spesso l'uomo. Il curare, guarire o, comunque, tenere in vita un condannato a morte, per poi poterlo ritualmente giustiziare (prassi abbastanza comune negli U.S.A.), è un paradosso eticamente inaccettabile. L'unico momento di conforto, nell'apoteosi distruttiva della guerra, è data dal canto soave e malinconico di una giovane ragazza tedesca, conforto che riappacifica gli animi di tutti i soldati.
Credete che abbia una qualche importanza se quel canto proviene da quelli che ci hanno imposto essere i nostri nemici?
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