E poi capita, no, che una notte alzi gli occhi e guardi le stelle del firmamento.
Sei solo, in una vecchia campagna, tu guardi loro e loro guardano te, in silenzio, distanti.
Accendi una sigaretta, ti aiuta a pensare meglio, o quantomeno a non perdersi, ma nemmeno così riesci ad articolare i pensieri. Certe vastità sono troppo sconfinate per essere contenute, e resti muto, ascoltando i grilli intorno a te.
Quando cominci a sentirle raccontare, le storie narrate sono talmente antiche da riuscire a distinguerne solo il fievole riflesso in un baluginare muto. Adam Wiltzie e Brian McBride, una notte di circa dieci anni fa, hanno deciso di catturare questo riflesso, chiudere gli occhi e trascrivere queste storie in suono.
Ciò che ne uscì fu un doppio album di pura ed eterea ambient, mai banale nè forzata, ma costantemente capace di catapultarti a distanze siderali, se non a profondità abissali, in cui fermarsi a meditare un pò e, perchè no, a godersi il panorama.
E dopo aver sondato l'immensità, il suono delle stelle sotto le palpebre volge al termine, e stanco e affaticato si assopisce, lasciando il posto ad un altro tiepido mattino; ma questa, come si suol dire, è un'altra storia.
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