Tempo fa l'umile scriba vi ha consigliato "Dedication", di Eddie Gomez; con Jimmy Cobb al piano e Stefan Karlsson al piano (e Jeremy Steig in un paio di episodi al flauto). Bene, di Karlsson poi egli ha acquistato, grazie ai prezzi eccellenti del Marketplace di Amazon, quattro dischi; tutti molto belli, ma "il più migliore assai" sembra rivelarsi quello di cui alla recensione, a modesto e trascurabile avviso: un "Live at Vartan Jazz" trascinante e sanguigno (la cover che vedete è simile, in quanto non sono riuscito a trovarne una). Quanto prima a testimonianza del fatto che:

A) il piano trio è forse il contesto più stimolante, per un pianista;

B) la dimensione live, con doveroso brusio di sottofondo, è componente essenziale per la costruzione del prodotto jazzistico: lo studio trasmette in genere molta freddezza in più;

C) Bill Evans trasuda più o meno ovunque, da ogni pianista di jazz che si rispetti;

D) la classe non è acqua: guarda caso in questo disco c'è Eddie Gomez, come in Dedication;

E) l'assoluta dedizione alla musica, degna di uno Standing Baba, alla fine da matematicamente i suoi frutti.

Eddie Gomez al contrabbasso ed Elliot Zigmund ai tamburi: quest'ultimo stavolta finalmente senza gli odiosi rivetti sul piatto "ride" che per anni ne hanno contraddistinto l'accompagnare, forse eccessivamente presente sugli alti. Qui Elliot ed Eddie si ritrovano a suonare assieme per la prima volta esattamente venti anni dopo l'ultima collaborazione con Bill Evans in studio per "You must believe in spring" (1977) ed il risultato è meraviglioso: indubbiamente e dichiaratamente Karlsson è un epigono del grande Bill, sebbene il suo approccio pianistico si ponga esattamente a metà tra Oscar Peterson ed Evans: certe entrature bluesy, il tempo più regolare, il groove inchiodato sui binari dell'espressività a volte modale, la logorroicità assoluta e sciolta del primo modello di riferimento si contrappongono ed integrano, in qualche modo miracoloso e felicemente, con clusters di accordi, con l'attitudine a lasciare di frequente più respiro alle note e doveroso spazio ai comprimari. Lo swing ed il piedino che batte, mentre il cervello segue percorsi e frasi su frasi, caratterizza molti pianisti della presente generazione; ma Karlsson, che sta sulla cinquantina passata, mette a frutto con più maturità e spirito di mediazione. I brani:

1) From the bottom up
2) You must believe in spring
3) She was too good to me
4) Quantum
5) Carmen's song
6) You don't know what love is
7) We will meet again
8) I will wait for you
9) Beautiful love

Ciascuno di essi presenta peculiarità e motivi di attento interesse, vuoi per un confronto con la versione del "maestro" Bill, vuoi per le soluzioni interpretative assolutamente originali: vedi la citazione del tema di Mash durante "You Must Believe In Spring" o l'intro ostinato e teso prima di "You Don't Know"; oppure i soli bellissimi di Gomez, indiscutibilmente un riferimento mondiale. Bello, indubbiamente. S'era capito? Sient'amme: accattatille! J V.

P.S.: se vi è rimasta la curiosità su che mizzica sia uno Standing Baba, forse è un segno del destino! Allora comperatevi il bellissimo libro autobiografico di Gregory Roberts "Shantaram" http://www.bol.it/libri/scheda/ea978885450057.html!!!

Carico i commenti...  con calma