Stefan Zweig è nato a Vienna nel 1881, scrittore di famiglia ebrea, passa la propria infanzia nel pieno fermento culturale asburgico. Spirito libero e cosmopolita si allontana dalla sua patria per conoscere lo spirito e la cultura dei paesi europei rimanendo distante dalle tendenze e dai movimenti culturali di inizio secolo e analizzando sempre con occhio critico ma affascinato le filosofie e i pensieri dei suoi contemporanei. Zweig in questa autobiografia narra della sua vita fino allo scoppio della seconda guerra mondiale in maniera lineare, mettendo in risalto il fatto storico, le sensazioni e i sentimenti provocati dallo scoppio dei due grandi conflitti. La lettura, al contrario di quanto si possa pensare è molto scorrevole e interessante. Zweig non è mai pedissequo grazie alla sua capacità di concentrarsi esclusivamente su ciò che consente a noi lettori di capire in maniera chiara il susseguirsi degli eventi storici e attraverso interessanti e a volte simpatici aneddoti è normale rimanere affezionati all'autore, persona umile e di grande animo. Zweig in questa dolce e amara autobiografia mette a confronto il mondo prima e dopo lo scoppio delle due guerre descrivendo come la leggerezza e l'ottimismo del periodo pre-bellico siano state smantellate dalla cieca ferocia e dalla follia intervallando le dolorose vicende con descrizioni dei suoi incontri con i più grandi artisti dell'epoca: da Hofmannsthal a Sigmund Freud. Gli avvenimenti tragici che si sono successi uno dopo l'altro, scaturiti nel pieno fiorire del progresso e nel momento di massima fiducia nell'umanità, costituiscono per l'autore un grande trauma che lo accompagnerà durante tutta la sua vita e che lo porterà lontano dalla patria e dagli amici fino ad arrivare a commettere insieme alla moglie l'atto estremo. L'autore al di sopra di qualsiasi identità politica non si abbandona in facili e utopistici discorsi, semplicemente analizza il contesto storico e il tessuto sociale in cui si sono potuti affermare certi movimenti e personalità interrogandosi sulle motivazioni che li hanno spinti ad imporsi nel panorama mondiale. Zweig soffrirà molto negli ultimi anni della sua vita, passando da spensierato cosmopolita a disperato apolide; l'Inghilterra paese che inizialmente lo accoglieva come mirabile ospite, con lo scoppio della guerra lo ha declassato a "profugo" e come austriaco, nemico dello stato.

"In realtà nulla forse rende più evidente l'abisso in cui è caduto il mondo dalla Prima guerra mondiale in poi, quanto la limitazione della libertà di movimento e la menomazione di un diritto naturale. Prima del 1914 la terra apparteneva a tutti: ognuno andava dove voleva e vi rimaneva finchè voleva [...] Solo dopo la guerra ebbe inizio il perturbamento del mondo causato dal nazionalismo e come primo fenomeno provocò la malattia intellettuale ed epidemica del nostro secolo: la xenofobia."

Il libro venne pubblicato postumo poco dopo la sua morte, autobiografia come poche altre, più che raccontarci la vita personale dell'autore è un documento storico importantissimo che cerca di mantenere intatta la memoria di un periodo tracciando il lento declino degli antichi valori verso l'affermazione di nuovi molto più violenti e meschini. È il ritratto di una generazione che come nessun altra prima di allora si è trovata gravata dal peso insostenibile di grandi cambiamenti nell'arco di pochissimi anni. Risulta inquietante sapere di come il progresso tecnologico e scientifico sia avanzato di pari passo con un ottundimento e svilimento generale del nostro essere, come nostro solito stiamo ripetendo gli stessi errori del passato e libri come questo non possono fare altro che aiutare a recuperare qualcosa che manca completamente alla nostra generazione più che a quelle precedenti, una memoria storica da cui poter attingere per evitare di rimanere a lungo in un'epoca che, iniziata già con un piede nella fossa, col passare degli anni si fa sempre più buia e incerta.

"Andiamo incontro al tempo come esso ci cerca" William Shakespeare (ed epigrafe a "Il Mondo di Ieri")

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