Stefano Mancuso è un abile divulgatore ma questo suo libro è stato una (parziale) delusione. Si legge facilmente e velocemente perché ognuna delle argomentazioni che vanno a formare un ipotetico “statuto della nazione delle piante” diventa lo spunto per una serie di stuzzicanti divagazioni storiche e scientifiche intorno ad un principio fondamentale: nell’universo c’è una sola terra le cui risorse sono necessariamente limitate ed è la casa comune di tutti gli organismi viventi senza alcuna gerarchia precostituita tra uomo, animali e piante. Ci sono un sacco di notizie e di informazioni spiegate in modo accessibile, un po’ come se fosse - in forma di libro - una puntata di Speciale - Superquark dedicata al mondo vegetale: solo per citarne alcune, c’è spiegata la teoria della “bolla di filtraggio” sull’auto-referenzialità delle nostre fonti d’informazione e poi è citato l’effetto Dunning-Kruger sulla disfunzione cognitiva di chi sopravvaluta le proprie competenze in certo settore; viene richiamato il rapporto Meadows sui limiti della crescita e il disastro di interventi improvvisati sull’ecosistema per arrivare ad affermare un diritto universale alla migrazione come “essenza stessa della vita” per l’uomo come per le piante. Da un punto di vista divulgativo … tutto bello e interessante: mi sarei aspettato però che Mancuso andasse fino in fondo nelle sue conclusioni. Ad esempio che – secondo me - non ci sia alternativa ad una significativo contenimento demografico degli umani se si vuole trovare un equilibrio con le altre due “nazioni” cioè gli animali e le piante. Il che comporta – per gli umani - la fine del mito di uno sviluppo economico ininterrotto e una cascata di altre (spiacevoli) conseguenze, perché difficilmente potrà essere una decrescita felice. Mancuso evita il problema e si ferma molto prima e conclude auspicando la cooperazione ed il mutuo sostegno come «primo strumento del progresso delle comunità». Troppo facile e troppo comodo.
Carico i commenti... con calma